Formaggi e caciotte preparate tra esche velenose e topi morti ma tra le contestazioni ci sono anche lo sfruttamento di un lavatore e, per uno solo degli imputati, anche alcune cessioni di cocaina. Il gup del tribunale di Agrigento Iacopo Mazzullo ha disposto il rinvio a giudizio dei titolari del cosiddetto “caseificio degli orrori” di Raffadali. Si tratta di Antonino Vecchio, 64 anni, e Omar Catuara, 29 anni, difesi dall’avvocato Salvatore Pennica. La prima udienza del processo si celebrerà il prossimo 14 febbraio davanti il giudice monocratico Laura Rigon. Il gup ha altresì disposto l’assoluzione “perché il fatto non costituisce reato” nei confronti dell’unico imputato che aveva scelto il rito abbreviato: si tratta di Daniele Bartolomeo, 41 anni di Raffadali, addetto alle consegne del caseificio. L’uomo è difeso dall’avvocato Giuseppe Sodano. Il giudice ha poi prosciolto, con sentenza di non luogo a procedere, anche l’altro addetto alle consegne: si tratta di Virgilio Sola, 67 anni di Agrigento, difeso dall’avvocato Arnaldo Faro.
Antonino Vecchio, arrestato nel dicembre 2019, è il principale personaggio dell’inchiesta. Una decina le contestazioni mosse nei suoi confronti. L’indagine, inizialmente nata per un giro di cocaina, ha poi fatto emergere grazie alle intercettazioni criticità nella gestione del caseificio. Nel corso del blitz, i carabinieri sequestrarono oltre 300 chilogrammi di alimenti in pessimo stato di conservazione. In quell’occasione, inoltre, furono elevate oltre 65 mila euro di sanzioni. Anche Catuara, ritenuto socio di Vecchio all’epoca dei fatti, è accusato della gestione “spericolata” del caseificio. I due addetti alle consegne, Bartolomeo e Sola, erano accusati di aver distribuito i prodotti, ritenuti nocivi per la salute, distribuendoli nei vari esercizi commerciali. Il primo, che aveva scelto il rito abbreviato, è stato assolto perché il fatto non costituisce reato; per il secondo, invece, è stato disposto il non luogo a procedere.