Il Gup di Caltanissetta Marcello Testaquadra ha rinviato a giudizio il super latitante Matteo Messina Denaro per le stragi del 1992. Il processo iniziera’ il 13 marzo, in Corte d’Assise. Il boss e’ accusato di essere uno dei mandanti degli attentati di Capaci e via D’Amelio. Durante l’udienza preliminare, il Pm Gabriele Paci, ha sostenuto che Messina Denaro prese parte a una riunione della commissione di Cosa nostra alla fine del ’91 a Castelvetrano, in cui Toto’ Riina decise di dare via alla strategia stragista. In aula con Paci anche l’altro Aggiunto, Lia Sava, e il sostituto della Dda nissena Stefano Luciani. Il capomafia di Castelvetrano, inoltre, avrebbe inviato a Roma, su ordine di Riina, diversi killer per uccidere Giovanni Falcone nei primi mesi del ’92, missione che poi falli’.
Il ruolo di mandante delle stragi del 1992 di Matteo Messina Denaro, imprendibile dal 1993, emerge dalle dichiarazioni di piu’ collaboratori di giustizia, da Vincenzo Sinacori a Francesco Geraci, che negli anni hanno raccontato che il latitante trapanese reggeva Cosa nostra nella sua provincia al posto del padre, il capomafia Ciccio Messina Denaro. Dai racconti dei pentiti emerge che avrebbe anche progettato l’attentato al giudice Borsellino quando era procuratore a Marsala. Lo scorso 22 gennaio il Gip aveva cosi’ emesso nei confronti di Messina Denaro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il superlatitante avrebbe ricoperto un ruolo centrale nella preparazione degli eccidi. I magistrati nisseni sono partiti dalla rilettura delle sentenze gia’ emesse e dalle dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia, secondo i quali Messina Denaro era l’enfant prodige di Toto’ Riina. Fu il padre di Matteo ad affidargli il figlio quando ancora era in tenera eta’. La procura, dunque, prende spunto dal legame storico fra Riina e i trapanesi. Anche Antonino Giuffre’ rivelo’ ai magistrati che il boss ricopri’ un ruolo centrale nelle stragi, in linea con quanto stabilito dal boss corleonese. Lo scorso 26 luglio, ventiquattro anni dopo l’eccidio, si era concluso il ‘Capaci bis’ con quattro ergastoli. Chiuso il secondo capitolo, si annunciava pero’ gia’ allora il terzo. La Pm Lia Salva aveva definito inevitabile un Capaci Ter alla luce del ruolo del boss Matteo Messina Denaro – gia’ condannato all’ergastolo per le stragi del Continente del ’93 – e di altri tre indagati chiamati in causa dal nuovo collaboratore Cosimo D’Amato, il pescatore di Porticello che ha rivelato come l’esplosivo estratto dalle bombe ripescate in mare sia finito alla cosca di Brancaccio per essere utilizzato nella strage di Capaci. “La Procura di Caltanissetta non risparmiera’ energie e forze per cercare ulteriori verita’ in ordine ai fatti”, aveva assicurato a questo proposito il nuovo procuratore Amedeo Bertone.