“Indossando la toga per difendere un imputato di un altro processo, proprio mentre si trovava al Palazzo di giustizia come imputato agli arresti domiciliari, dimostra che l’avvocato Giuseppe Arnone, ha avuto un “comportamento irresponsabile, protervo, teatrale, per certi versi irridente delle norme e delle procedure che governano il processo penale, di cui lo stesso si auto-acclama irraggiungibile paladino”.
Ecco perché Arnone è tornato in carcere, come scrive nel provvedimento il Gip di Agrigento Francesco Provenzano. Arnone ha violato, indossando la toga, “le prescrizioni intimategli con l’ordinanza del 21.11.2016” e ha evidenziato “assoluta mancanza di rispetto alla legge, circostanza inammissibile in un contesto in cui si amministra la Giustizia, ed in cui le ragioni ed i diritti devono trovare riconoscimento nel rispetto delle procedure che la legge appronta”, come scrive il Gip Provenzano. “Altrimenti ogni attività diventa eversiva e delinquenziale”, dice.
Per il giudice “l’insieme delle circostanza” che ha elencato “lascia trasparire che Arnone è refrattario ad ogni comportamento secundum ius, ritenendo di poter operare legibus saluto, come ora ha fatto”.
“Arnone è un avvocato – scrive ancora il Gip di Agrigento – e, come tale, aveva piena contezza del contenuto e dei limiti della autorizzazione che gli era stata concessa al solo ed esclusivo scopo di partecipare quale imputato all’udienza. Pertanto, egli aveva piena scienza e coscienza che non avrebbe potuto assumere i comportamenti che poi ha assunto”.