Questione morale nell’avvocatura agrigentina, dibattito aperto: Pennica apri-pista, Musso interviene

L’avvocato Salvatore Pennica ha rilasciato un’intervista a Grandangolo con l’auspicio conclusivo che si possa avviare un dibattito pubblico sull’avvocatura agrigentina, da tempo protagonista di ripetuti scandali che vorrebbero minata la credibilità dell’intera categoria.

Prendo spunto dal sassolino buttato dall’avv. Pennica per tornare ad evidenziare che gli scandali che la cronaca ci racconta ledono la credibilità degli avvocati agrigentini non perché il malcostume sia tanto capillare da non lasciare spazio ai professionisti che con dignità affrontano la propria battaglia quotidiana in difesa dei cittadini, ma perché il Consiglio dell’Ordine di Agrigento non interviene con prese di posizione nette, anzitutto a tutela della stragrande maggioranza degli iscritti.

Quelle rare occasioni in cui il Consiglio è intervenuto, anzi, ha fatto più male che bene, nel senso che anziché stigmatizzare certi comportamenti, per come contestati, ha assunto la difesa d’ufficio di alcuni noti colleghi, esprimendo boati di solidarietà, rifuggendo dal merito di comportamenti che – a prescindere dagli esiti dei procedimenti penali – hanno investito profili disciplinari immediati, con riferimento a conclamati casi di violazione delle norme deontologiche.

Da qualche anno, con la riforma dell’ordinamento forense, il potere disciplinare è stato tolto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Agrigento ed affidato al Consiglio distrettuale di disciplina di Palermo. Tale fatto non esime il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Agrigento da responsabilità, perché in ogni caso, in primissima istanza, l’Ordine agrigentino conserva il potere di vigilanza e di segnalazione, ma soprattutto ha il grande peso morale di dovere prendere posizione tra gli iscritti, con lettere aperte, esortazioni e qualunque atto di confronto con gli iscritti e con gli altri attori del foro.

Ha proprio ragione l’avv. Pennica quando afferma che quest’Ordine non è in condizione di tirare le orecchie a nessuno, nel senso che nel suo seno seggono tuttora persone a processo per fatti non meno gravi di quello contestato alla Picone. Personalmente non entro nel merito della vicenda di quest’ultima, perché non conosco le carte processuali, quindi non mi sento in condizione di esprimermi per sentito dire o per avere letto sui giornali. Tuttavia, posso affermare che quando un singolo postino manifesta il vizio di aprire la corrispondenza dei destinatari, inevitabilmente la percezione che si diffonde nell’opinione pubblica è che la nostra posta sia sempre oggetto di curiosità indebita. Ma se il servizio postale redarguisce immediatamente e severamente quel singolo postino, si ripristina nell’opinione pubblica la credibilità della segretezza della corrispondenza postale.

Allo stesso modo, se l’Ordine non interviene radicalmente, ostentando i propri muscoli solo nei confronti di chi – come me – ritiene di manifestare il proprio pensiero liberamente foss’anche risultando non gradito all’Ordine medesimo, è chiaro che il malcostume dei pochi inizi a dare fisionomia all’intera categoria, perché all’esterno si percepisce una sostanziale impunità dei più “scaltri”, che partorisce infine l’idea che “tutti gli avvocati” sono famelici, assetati di denaro, irresponsabili e, infine, traditori del giuramento, o che per essere avvocati di successo occorra essere di questa risma. Ma non è così!

Posso affermare con convinzione – avendone assoluta certezza – che la stragrande maggioranza degli avvocati agrigentini sono persone perbene, umili lavoratori, professionisti seri e fedeli al giuramento. A fronte di qualche centinaio di squali (che pur vi sono!), resta un migliaio di grandi avvocati, preparati, corretti, che rispettano le regole processuali e le norme deontologiche.

Quindi, vi è un rapporto di stragrande maggioranza di persone perbene contro una minoranza, seppur nutrita, di personaggetti che vanno avanti a furia di raccomandazioni e di incarichi della politica, che non sanno cosa sia il rispetto dei colleghi, che guardano i colleghi dall’alto verso il basso con un senso di superiorità, che cercano l’aggancio stragiudiziale con giudici e ctu, che infine risultano soltanto la manifestazione concreta della loro inadeguatezza alla professione forense.

Oggi la misura dell’alto ruolo, di profilo costituzionale che è necessariamente dell’avvocatura, identità che va affermata con forza anche ad Agrigento, ce la offre l’avvocatura turca, che sotto il regime di Erdogan sconta un vero e proprio massacro sociale, pur di non venire meno al proprio ruolo. Nella dittatura turca molti sono gli avvocati che hanno preferito mettersi dalla parte del regime, tradendo il giuramento e acquisendo di colpo prestigio sociale, ricchezze economiche, sicurezza personale e familiare.

Coloro che, invece, sono rimasti fedeli alla Costituzione tribolano, subiscono persecuzioni, vedono svilita la propria esistenza personale e professionale.

Ebbene, chi è il vero avvocato in Turchia, colui che accetta un processo sommario ingiusto o chi si mette di traverso e pretende il rispetto della libertà e delle garanzie costituzionali?

Alla stessa maniera, ad Agrigento l’avvocato non può essere rappresentato da chi estorce denaro ai disabili, ma al più, da un estremo all’altro, da chi a spese proprie difende gli ultimi, spesso non in condizioni economiche di retribuire l’avvocato per la propria difesa né in grado di beneficiare del patrocinio a carico dello Stato. Fermo restando, quindi, il diritto sacrosanto dell’avvocato ad una retribuzione, la quale non si può discutere come dovuta, gli avvocati agrigentini sono seri professionisti, spesso sottopagati per il quadro socio-economico di un territorio notoriamente depresso, con il reddito pro-capite tra i più bassi in Italia (e in Europa), con liquidazioni di gratuito patrocinio miserrime fino alla mortificazione del lavoro svolto e pagamenti dello stesso che avvengono con tempistiche mai certe e inverosimilmente lunghe.

D’altra parte la Cassa Forense, per le nuove norme, è divenuta lo strozzino degli avvocati, posti sul limite di indebitarsi per far fronte al pagamento dei propri contributi previdenziali, pena la cancellazione dall’albo. Eppure, giorno dopo giorno diverse centinaia di avvocati affrontano umilmente la loro battaglia, chi più chi meno per un risultato giusto, ma sempre nella dignità di una toga che erige l’avvocato a difensore di diritti, senza il cui operato difensivo non vi può essere – tecnicamente – sentenza legittima.

In definitiva, è chiaro che condivido parola per parola quanto affermato in via di principio dall’avv. Pennica, ricordando che il sottoscritto è dal 2011 che insiste per un confronto vero nell’avvocatura agrigentina, attraverso un bollettino ricevuto dai 1280 iscritti circa, raccolte di firme, banchetti informativi, riunioni informali, interventi in assemblea.

Posso confermare che in questi cinque anni l’avv. Pennica non si è mai sottratto dal confronto democratico e affermo che se dovesse candidarsi avrebbe il mio convinto voto personale.

Avv. Lillo Massimiliano Musso