Quadro primo – Sbatti le tragedie in tv
È diventata una moda: atroce, orribile, ma fa ascolti. E così i pomeriggi televisivi sono diventati occasione per parlare di stupri, assassini, ragazze violentate, insulti tra amanti traditi. Financo un tipo ironico e canzonatorio come Fiorello ha espresso il suo sdegno contro questo genere di televisione dell’orrore. Canale 5 la fa da padrone.
Barbara D’Urso rivendicando libertà di parola (anche la bestemmia è parola) fa trasmissioni truculente e si fa forte degli ascolti. E figuriamoci se le storie di sangue e tradimenti non fanno ascolti presso una determinata fascia di gente (magari per curiosità). L’insulto in diretta fa audience. Ma si può continuare con questo tipo di televisione che viola il privato, sollecita e mette a nudo situazioni incresciose?
La D’Urso non ha esitazioni: ha mandato in onda la ragazza bruciata alle gambe dall’ex fidanzato con diretta dall’ospedale (medici e dirigenti dov’erano?); l’ha fatto scontrare con la madre che non voleva quella diretta, ed arriva ad affermare che “ci sono uomini che fanno certe cose per troppo amore”. Insomma, mandare la moglie, la compagna, la fidanzata all’ospedale per le botte o, addirittura, bruciandola, è troppo amore!
Fiorello invoca il ritorno dei pomeriggi tv (tra l’altro visti anche dai bambini) ai cartoni animati. Basta con la tv che ci “regala” sangue a volontà. Basta con la “barbarie”. E la tv di Stato non vada appresso a questo tipo di programmi; la via della dignità col tempo paga.
Quadro secondo – Politica e letteratura
Diversi anni addietro in un teatro di Roma veniva proposta (per la festa dell’Unità) la commedia di Eduardo De Filippo, “Napoli milionaria”. Opera di grande tensione morale, denunzia dello sfacelo materiale e morale che porta la guerra.
La commedia si conclude con una battuta che è rimasta famosa: “A dà passà a nuttata”.
Un atto di speranza, una presa di coscienza del recente passato di rovine (la prima rappresentazione ebbe luogo al teatro San Ferdinando di Napoli nel 1945). Ebbene, al termine della commedia un politico di rilievo disse: “Eduardo dovrebbe cambiare la battuta finale; la nuttata è passata”. L’artista rispose: “Non è compito dello scrittore cambiare le battute di un romanzo o di una commedia col passare del tempo; è compito del politico cambiare le cose”.
Eduardo affermò una ineluttabile verità: l’opera teatrale racconta un determinato periodo, una vicenda che si cristallizza in fatti e luoghi che saranno sempre gli stessi (anche Pirandello parla di personaggi eterni nel tempo). Vorrei vedere se dovessimo cambiare addirittura intere battute di opere di Moliere, Shakespeare, Garcia Lorca, Artur Miller, solo perché i tempi cambiano.
Se dovessimo cambiare poesie di Leopardi per renderlo “allegro”!
Recentemente c’è stata una polemica tra il sindaco di Napoli De Magistris e Roberto Saviano. Lo scrittore ha scritto e messo in evidenza la violenza che c’è nei quartieri periferici della città, ha messo in risalto che ci sono zone ancora controllate dalla camorra. De Magistris ne ha fatto, di quelle parole, un affronto personale. Secondo il sindaco, Saviano doveva invece mettere in evidenza le cose positive che il sindaco avrebbe fatto. Ci saranno, indubbiamente, ma lo scrittore di “Gomorra” e, recentemente, de “La paranza dei bambini”, narra fatti di Napoli che sono drammatiche verità. Non spetta a Saviano cambiare le cose, semmai spetta ai politici con De Magistris in testa!
Verga con “I Malavoglia” e “Mastro don Gesualdo” denunziò miseria e desolazione in Sicilia, Pirandello con “I vecchi e i giovani” le storture uscite fuori dall’unificazione d’Italia e la corruzione della Banca Romana, De Roberto con “I viceré” un mondo di sopraffazione e corruzione, Leonardo Sciascia con “Il giorno della civetta” il connubio tra mafia e potere ufficiale, Andrea Camilleri con “La strage dimenticata” e poi “La concessione del telefono” e gli stessi “Montalbano” l’arroganza di chi governa, le continue complicità. Ai politici, alle istituzioni, il compito di accorgersi della puzza che hanno attorno e fare con onestà e rigore la loro parte. A ciascuno il suo!
Quadro terzo – De Mauro/Camilleri
Nel 2013 l’editore Laterza pubblica “La lingua batte dove il dente duole”, un colloquio tra Tullio De Mauro e Andrea Camilleri. In sintesi emerge che i dialetti sono linfa, che ci sono tanti modi di leggere e si va anche contro il cattivo uso delle parole. nel continuo dialogare ci si chiede cos’è la lingua e cos’è il dialetto; il libro è un continuo riflettere, narrare fatti avvenuti; De Mauro e Camilleri raccontano come la lingua esprima chi siamo veramente e si conclude con una profonda verità: in Italia abbiamo tante lingue!
Ne parlo per due motivi: primo per rendere omaggio a un grande studioso della lingua recentemente scomparso, De Mauro; in secondo luogo perché il libro è fondamentale per risolvere le inutili polemiche tra lingua italiana e dialetto.
Sono convinto che questa pubblicazione non ha avuto il “successo” dei libri sul commissario Montalbano. Ma è un libro che merita attenzione e rispetto.
Quadro quarto – Una scuola d’eccellenza a Sciacca
Apprendo che presso l’istituto d’arte “Bonachia” di Sciacca ci sarà pure un corso per lavorare il corallo. Finalmente! Sciacca è famosa per le sue ceramiche (veri maestri li realizzano) ma da anni si parla anche del corallo. La scrittrice Sveva Modigliani in un suo romanzo dedica al corallo di Sciacca diverse pagine. Ne mette in risalto la qualità unica e pregevole.
Ebbene, avviare un corso per la lavorazione è quanto mai meritevole. Significa intensificare la ricerca del corallo, la lavorazione, farne prezioso elemento artistico ed economico.
Il “Bonachia”, retto dalla preside Giovanna Pisano, da anni si esprime ad alti livelli per la lavorazione della ceramica, per la pittura e la scultura. Vi operano bravi insegnanti e l’istituto si distingue a livelli regionale e nazionale. Questa, per me, è scuola. Come è scuola la rivendicazione del ruolo dei licei classici. Si dice: che prospettiva danno? Intanto formano, tra studi del passato e del presente, le intelligenze. Gli studi classici sono fondamentali per poi approcciare le diverse attività. E servono per formare intellettualmente i giovani. C’è troppa ignoranza in giro e spesso si cerca di nasconderla con la necessità di uno studio che serva per lavorare. A parte il fatto che oggi anche studi settoriali danno poche speranze lavorative, la conoscenza rende forti e liveri.
Prof. Enzo Alessi.