Canicattì

“Non toccate Livatino”, Canicattì tappezzata di manifesti contro la traslazione del Giudice beato

Rosario Livatino, magistrato e martire. “Lasciatelo riposare con i suoi genitori, non separatelo dai suoi cari. Silere non possum (non posso tacere), citando Sant’Agostino”. Queste le parole impresse su un’immagine raffigurante la tomba del giudice Rosario Angelo Livatino e dei suoi genitori, che da ieri campeggiano su diversi cartelloni 3×6 metri lungo le principali strade di Canicattì.

L’iniziativa nasce dal giornalista Enzo Gallo, cugino del magistrato assassinato dalla mafia il 21 settembre 1990 in contrada Gasena, alle porte di Agrigento. Un pensiero condiviso anche da amici, gruppi di cittadini e associazioni che si oppongono alla traslazione della salma di Livatino. Il prossimo 9 maggio, infatti, in occasione del quarto anniversario della sua beatificazione, è previsto il trasferimento del corpo dal cimitero di via Nazionale alla chiesa di Santa Chiara, dove sarà collocato in una teca appositamente realizzata. L’intento è trasformare la chiesa in un santuario dedicato al beato Livatino, martire della fede e della giustizia, un luogo simbolico per la nuova evangelizzazione attraverso il tema della legalità.

L’annuncio della traslazione era stato dato da monsignor Alessandro Damiano, arcivescovo di Agrigento, durante l’Assemblea diocesana tenutasi proprio a Canicattì il 29 ottobre scorso, giorno della memoria liturgica del beato, quando nel 1988 ricevette il sacramento della Cresima all’età di 36 anni. Già allora la decisione aveva suscitato malcontenti, sebbene fino a oggi nessuno avesse preso una posizione ufficiale.

Ora, però, quei manifesti evidenziano il dissenso di una parte della comunità, mentre in città sono già iniziati i preparativi per l’evento. Tuttavia, sulla questione prevale il silenzio: nessuna dichiarazione da parte delle associazioni storicamente impegnate nella valorizzazione della figura di Livatino, come “Tecnopolis” e “Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino”, presieduta dal docente in pensione Giuseppe Palilla, compagno di scuola del magistrato. Nessuna presa di posizione, almeno per ora, neanche dalla curia, dal clero cittadino o dall’amministrazione comunale.

Probabilmente nelle prossime ore emergeranno reazioni ufficiali, ma il messaggio lanciato dai manifesti è inequivocabile: una parte della comunità vuole che il corpo di Rosario Livatino resti nella cappella di famiglia, nel cimitero comunale di via Nazionale. Una volontà che, secondo alcuni, sarebbe stata espressa dallo stesso magistrato e dai suoi genitori, in particolare dal padre, l’avvocato Vincenzo Livatino.