Tribunale riesame annulla cattura avvocato Giuseppe Arnone: scarcerato

I giudici del Tribunale del Riesame di Palermo (presidente Antonella Consiglio) hanno annullato l’ordinanza di custodia cautelare e conseguentemente disposto la scarcerazione dell’avvocato Giuseppe Arnone finito in manette per una brutta storia di estorsione nei confronti di una collega.

Il provvedimento è stato depositato stamani, senza contenere le motivazioni, e segue l’udienza celebratasi ieri, presenti tutte le parti, e che ha visto l’arrestato prendere la parola per oltre due ore respingendo ogni accusa.

Nell’interesse di Arnone era stato presentato ricorso contro l’ordinanza di applicazione della misura cautelare firmata dal Gip di Agrigento Francesco Provenzano – per richiedere l’annullamento della stessa ordinanza, dagli avvocati Arnaldo Faro e Carmelita Danile.

Arnone, ambientalista ed ex vicepresidente del consiglio comunale di Agrigento, come detto era presente in udienza, che è durata circa tre ore, e ha parlato. Era stato lui stesso, del resto, a chiedere di essere ascoltato.

Il provvedimento del Gip Provenzano è stato, quindi, ridiscusso in contraddittorio fra le parti. Erano presenti anche i due pm titolari del fascicolo di inchiesta, Carlo Cinque ed Alessandro Macaluso, i quali, dal canto loro, avevano pure presentato appello, per lo specifico riferimento alla temporalità del provvedimento di cattura fissato il Gip al termine dell’udienza preliminare riguardante l’avvocato Francesca Picone (che ha denunciato Arnone).

Arnone era stato arrestato lo scorso 12 novembre. A fermarlo, all’uscita dello studio della collega Francesca Picone dove – secondo l’accusa – avrebbe intascato due assegni per un importo di 14 mila euro, sono stati i poliziotti della Mobile di Agrigento.

Secondo la procura quei soldi sarebbero state “le prime due rate di una tangente di 50 mila euro che Arnone avrebbe chiesto alla collega per non alzare clamore mediatico su una pregressa vicenda giudiziaria che vede l’avvocato Picone imputata per irregolarità nei confronti di una sua ex cliente.

Adesso l’annullamento della misura restrittiva che rimette in libertà l’avvocato agrigentino. Nei prossimi giorni si conosceranno le motivazioni.

Il Tribunale del Riesame di Palermo, presieduta da Antonella Consiglio, giudici a latere Maria Elena Gamberini e Cristina Denaro, con il dispositivo emesso oggi ha dunque, annullato l’ordinanza di custodia cautelare del 12 novembre e “per l’effetto ordina l’immediata scarcerazione di Arnone”, come si legge nel provvedimento. Proprio nei giorni scorsi, Arnone, era finito nuovamente in carcere, dagli arresti domiciliari, perché in tribunale aveva indossato la toga per difendere un imputato di un altro processo, senza autorizzazione, mentre era ai domiciliari. Per il Gip un “comportamento irresponsabile, protervo, teatrale, per certi versi irridente delle norme e delle procedure che governano il processo penale, di cui lo stesso si autoacclama irraggiungibile paladino”.

Ecco perché Arnone era tornato in carcere, come scriveva nei giorni scorsi nel provvedimento il gip di Agrigento Francesco Provenzano. Arnone ha violato, indossando la toga, “le prescrizioni intimategli con l’ordinanza del 21.11.2016” e ha evidenziato “assoluta mancanza di rispetto alla legge, circostanza inammissibile in un contesto in cui si amministra la Giustizia, ed in cui le ragioni ed i diritti devono trovare riconoscimento nel rispetto delle procedure che la legge appronta”, come scriveva il gip Provenzano. Oggi la scarcerazione.

Dichiarazione avvocato Faro:

“Ho affermato subito dopo l’arresto di Peppe Arnone, uscendo dalla Questura, che la vicenda mi appariva inquietante. Ancora di più questa convinzione in me si è radicata dopo avere letto le carte che lasciano trasparire all’evidenza che l’avvocato Arnone sia stato vittima di una imboscata”.

Lo scrive Arnaldo Faro, difensore del leader ambientalista ed ex consigliere comunale, arrestato con l’accusa di estorsione e oggi rimesso in libertà dopo la decisione del Tribunale del Riesame che ha annullato l’ordine di custodia cautelare.

“Ho rilevato all’indirizzo del Tribunale del riesame come l’ordinanza a carico di Arnone – spiega Faro – fosse non soltanto gravemente erronea in diritto: erronea valutazione degli indizi, contraddittorietà, omessa considerazione della circostanza che la sua accusatrice avesse una grave conclamata inimicizia con Arnone e fosse pertanto teste incompatibile, ma del tutto abnorme nel punto fondamentale in cui aveva valutato le esigenze cautelari con riguardo al pericolo di inquinamento della prova, correlandone la durata alla definizione di altro processo. Mi compiaccio che a Palermo esista un tribunale, presieduto in maniera ineccepibile, assolutamente imparziale ed equidistante”.