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L’operaio favarese morto sul lavoro, ispettore in aula: “Il mezzo non era idoneo”

“In quel punto c’era una pendenza dell’ottanta per cento e il mezzo utilizzato, più piccolo di una fiat cinquecento, non era idoneo. Il lavoratore non fu formato e non sapeva a cosa andava incontro.” A parlare dal banco dei testimoni è uno degli ispettori del lavoro intervenuto subito dopo la tragedia che costò la vita a Giovanni Cusumano, operaio di 56 anni di Favara, deceduto nel luglio 2020 mentre stava effettuando alcuni lavori alla diga Comunelli di Butera, nel nisseno. Il processo, in corso davanti il giudice del tribunale di Gela Miriam D’Amore, è alle battute iniziali con l’escussione dei primi testimoni.

Tre gli imputati rinviati a giudizio lo scorso febbraio dal giudice per l’udienza preliminare Roberto Riggio: si tratta di Giovanni Messina, 70 anni di Joppolo Giancaxio, amministratore unico della ditta; Calogero Palumbo Piccionello, 60 anni di Favara, direttore tecnico; Giuseppe Schembri, 68 anni di Favara, collega della vittima. Ai primi due viene contestato il reato di omicidio colposo per aver violato alcune norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e non aver rispettato il programma di sorveglianza che impone visite e aggiornamenti costanti ai dipendenti. Schembri, invece, è finito a giudizio con l’accusa di favoreggiamento. Secondo la ricostruzione del pubblico ministero Mario Calabrese, il collega della vittima avrebbe dichiarato il falso agli ispettori del lavoro per “proteggere” gli altri due imputati.

La tragedia si è consumata la mattina del 23 luglio 2020. Cusumano, a bordo di un bob cat, stava effettuando dei lavori per l’istallazione di strumentazione di controllo della diga utili a verificare eventuali spostamenti dell’invaso. L’escavatore, in bilico, si ribaltò e travolse l’operaio che nel frattempo aveva cercato di allontanarsi dal mezzo. I familiari della vittima si sono costituiti parte civile nel processo rappresentati dagli avvocati Carla Sgarito e Giacomo Triolo. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Salvatore Pennica e Arnaldo Faro.