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La frana che cambiò la storia di Agrigento: ferite ancora aperte (vd e ft)

“Era il 19 luglio 1966. Mille e duecento famiglie persero la casa, ottomila i senza tetto. Edifici sbriciolati come pasta frolla, miliardi di lire di danni. Erano gli anni del sacco edilizio, dei grattacieli, degli abusi e delle sanatorie che guastarono per sempre lo skyline della città storica nascondendone per sempre il fascino e la bellezza. Quel giorno un uomo, alle 7 del mattino, con altruismo, solidarietà, senso di comunità e appartenenza, Ciccio Farruggia, anziché fuggire ai primi segni della frana, diede l’allarme e impresse un corso diverso alla storia.  Tutti salvi. La città avviò un radicale cambio di passo ma ancora oggi, quell’enorme scempio edilizio ci ricorda quanto la stoltezza, la scelleratezza, la speculazione di una politica corrotta siano in grado di seminare danni. Da un lato le orribili scelte, dall’altro la bellezza delle azioni. Agrigento sceglie sempre da che parte stare e noi vogliamo stare ancora dalla parte di chi compie il proprio dovere al servizio della comunità, per la città e per le belle azioni”.

Così il sindaco di Agrigento Lillo Firetto ricorda la frana del 1966.


La frana di Agrigento del 1966 in un video del Movimento culturale “Il Centro storico di Agrigento“

Anche il Movimento culturale “Il Centro storico di Agrigento“, con Sandro Capizzi e Mattias Lo Pilato, ricorda l’evento così: Cinquantaquattro anni sono trascorsi dall’evento che creò una grande ferita nel cuore della Città dei Templi. La frana di Agrigento, non portò con sé solamente un mutamento della natura geologica della città, ma portò dietro una frattura, che distrusse per sempre una parte del centro storico, una ferita indelebile e tangibile tutt’oggi, a distanza di più di un quarto di secolo. Un evento che fece balzare agli onori alle cronache locali Agrigento, smascherando gli abusi e i soprusi che si penetrarono per quasi dieci anni, dalla fine degli anni ’50 fin dopo la metà degli anni ’60. Quella mattina del 19 Luglio del 1966, il cuore della vecchia Girgenti venne travolto da un enorme movimento franoso, che distrusse non soltanto le vecchie costruzioni e i tuguri della zona di Santa Croce, del Rabbato, e della Bibbirria, ma rase al suolo molti palazzi, che a causa della speculazione edilizia selvaggia, erano stati costruiti nel frattempo nell’area dove oggi sorge il parco dell’Addolorata, meglio conosciuto come parco Icori. Fu solo per puro caso che non vi furono morti. Perì sotto le macerie solamente un asino, che si trovava all’interno di un vecchio stabile. Difatti quella mattina, un netturbino, Francesco Farruggia, si accorse che il manto stradale della nuova via Dante e della via Santo Stefano si simò, e una grande voragine si aprì sotto i suoi occhi. Le sue grida di disperazione e il suo tempestivo intervento, riuscirono a salvare migliaia di vite, sfiorando di fatto quella che poteva rivelarsi una vera e propria strage. Un Vajont senza morti, infatti venne definita la frana di Agrigento. Tale evento franoso fu per altro la conseguenza di un boom edilizio che, con una enorme colata di cemento, travolse l’intera Città dei Templi, sfigurando perennemente il suo volto. La frana successe perché molte costruzioni vennero edificate in zone dove il terreno non poteva assolutamente reggere il peso di abitazioni, e in quelle stesse zone vennero costruiti addirittura palazzi di dieci piani. Uno di questi, venne inghiottito dal terreno, un altro si accartocciò su se stesso come una torre di coriandoli di carta. Il risultato fu sotto gli occhi di tutti: una parte della città distrutta, dall’altra parte ottomila sinistrati. Per quella frana, tutti coloro che erano stati indagati vennero assolti per non aver commesso il fatto. Nessuno aveva costruito, nessuno aveva violato le norme e le leggi in materia di costruzioni edilizie. Ed oggi ci ritroviamo con una città che mostra ancora le sue ferite, ferite che non sono mai state rimarginate. Il quartiere del Rabbato è andato totalmente distrutto, e la zona di Santa Croce è stata abbandonata subito dopo la frana. Tale movimento franoso che preoccupa ancora oggi, poiché anche se più lento, non si è mai arrestato. Con tale evento l’Italia degli anni ’60 conobbe la speculazione edilizia che avvenne ad Agrigento, inghiottita interamente dal mostro del calcestruzzo armato. I giganti che furono sfidati a reggere tale peso, fallendo miseramente senza colpa alcuna. La tristezza sta nel fatto che ad oggi nessuno ricorda quella frana, nessuno si è più interessato a quelle zone, colpite e martoriate duramente, a quella povera gente che in quei tuguri lasciò i propri averi. Ricordare per non dimenticare il passato della nostra città.