Testo e foto di Diego Romeo
Prende tutti in contropiede il presidente del Cepasa, Paolo Cilona, col dare inizio alla prima rievocazione dei 2600 anni della fondazione di Akragas-Agrigento.
E non più Girgenti secondo un risibile vezzo coltivato da sindaco e dirigenti del Parco archeologico in questi ultimi anni. A nostro parere occorrerebbe ripristinare perfino la dicitura Sagra. Che non è un partito a cui viene cambiato il nome e però con dentro le stesse facce e le stesse rinsecchite oligarchie. Anche questo un risibile vezzo.
Allora cosa ti combina Paolo Cilona nel pomeriggio afoso del 15 giugno 2019? Nella luce radente di un tramonto e con la intelligente “complicità” del neodirettore del Parco Roberto Sciarratta (che così inizia bene il suo ruolo), raduna attorno ai resti (un po’ negletti) della Tomba di Terone un manipolo di attori votati al volontarismo e un esimio gruppo di poeti per dare l’avvio alle danze sui miti e sui personaggi che hanno amato, tiranneggiato o abusato di Akragas e che hanno fatto rimbalzare il loro operato fino ai nostri giorni con gli inevitabili parallelismi che questo comporta. Una salutare “damnatio memoriae” che ci ha riportato al nostro cospetto il tiranno Falaride (Alfonso Sollano), il Terone di Pino Giglia, la Damareta femminista di Maria Giuseppina Terrasi, Esseneto (Giuseppe Adamo) coi suoi cavalli e bighe olimpiche, il grande e glorioso Empedocle (Michelangelo Taibi) che aveva capito gli akragantini (e non solo) più di ogni altro. E poi Acrone (Salvatore Indelicato), Gellia (Lillo Savatteri), Polo (Franco Cilona), Timareta (Maria Fantauzzo), Tigellino (Enzo Vella). Tutti in fila a rivendicare consensi amministrativi o mecenatismi vari. Con la collaborazione di Elisa Cilona hanno fatto loro corona un gruppo di poeti nostrani che il presidente del Cepasa ama valorizzare in tutte le sue estrose iniziative (Giovanni e Manlio Licata, Stella Camilleri, Liliana Arrigo, Carmelo Capraro, Giuseppina Terrasi).
Una bella ventata, fra mito e storia, dove ha trovato la sua collocazione la vicenda di Medea (performance di Maria Grazia Castellana) che ha fatto risuonare la sua vendetta contro Giasone tra quegli ulivi, con l’imprevisto e provvidenziale sottofondo del lamento di una tortora. Forse, come scrisse un antico storico “queste cose non avvennero mai, ma sono sempre”. Lo sapevano gli dei di Google che pagarono centomila euro (roba da mancia al tassista) per assaporare la nostra valle come ai tempi delle nozze di Cadmo e Armonia, “ultima occasione in cui gli dei si sedettero a tavola con gli uomini”.
Ma il mito è una narrazione che si può capire solo narrando. E magari per insegnarci qualcosa.