Niente papaline, niente luccichio di paramenti pontificali.
E neanche mormorio di preghiere. Stamattina in cattedrale risuonavano i passi dei carabinieri che misuravano le crepe nel pavimento, ne misuravano l’ampiezza, fotografavano la grande spaccatura della navata sinistra e monitoravano tutto coi loro strumenti di precisione.
All’esterno insieme ai carabinieri ufficiali della finanza accendono un grande drone con telecamera a infrarossi che verrà utilizzata per i sorvoli esterni lungo la parete della cattedrale che poi precipita a valle su una delle arterie di collegamento più trafficate della città.
Non fu affatto esagerata quella frase che il cardinale Montenegro inserì in una sua omelia: “Mi fa male l’indifferenza degli agrigentini” che qualche mese dopo risposero in massa in una grande processione quasi penitenziale per il monumento che andava in rovina, non solo, ma che rischiava di rovinare su una parte di città.
Una preoccupazione che viene da lontano, per esempio dal Brancati che descriveva Agrigento come “una città che debba da un momento all’altro rientrare in se stessa”.
Lo ricorda lo scrittore agrigentino Matteo Collura nel suo “Il maestro di Regalpetra” dove l’analisi di Brancati si unisce a quella di Leonardo Sciascia.
Scrive Collura: “Ecco, Sciascia ha come una visione che è una previsione. Scrive infatti della cattedrale di Agrigento che “si muoverà cigolando”.
Si muoverà, lo scrittore usa il verbo al futuro; non sembra parlare metaforicamente del senso di una architettura, di un impianto urbanistico. No, scrive “si muoverà verso il sole della valle aperta. Così come sarebbe avvenuto per una parte di quella città, la cattedrale davvero in procinto di “muoversi”, di rovinare a valle.”
Fin qui Brancati, Sciascia e Matteo Collura.
Adesso il bandolo della matassa non più letteraria, torna in mano alla Procura, ai carabinieri proprio nel giorno in cui il citato agrigentino Matteo Collura viene omaggiato dagli studenti al Teatro Pirandello per la (ri)lettura del suo “Il gioco delle parti”, il romanzo su Pirandello che chiude degnamente le celebrazioni per i 150 anni dello scrittore del Kaos.
Testo e foto di Diego Romeo