Siamo stati costretti a farci identificare da un funzionario della Polizia di Stato per poter rimanere in cattedrale e documentare la consacrazione del vescovo Damiano.
Ai cronisti e alle tv erano stati assegnati cinque minuti di riprese con accompagnamento di un volontario. Una assegnazione molto opinabile per quei cronisti che, per esempio, vogliono andare fino in fondo alla notizia e fino in fondo ad un evento.
Nessuno ha pensato a posti a sedere per la stampa come usa solitamente e non è valso neanche portarsi dietro un teleobiettivo da 300 mm per non disturbare, senza flash e perfino stando fermi in fondo alla navata.
Alla fine le foto le abbiamo fatte, nonostante i plateali tentativi del volontario che ce lo impedivano e siamo sicuri dopo questa esperienza che il buon vescovo Damiano non ci farà soffrire il pass per il prossimo evento e saprà vigilare, visto che nel suo stemma è raffigurato un mandorlo in fiore, segno della vigilanza dell’”Episcopus”.
Dovrà imparare molto di Agrigento, mons, Damiano, che in mattinata, nella conferenza stampa aveva esordito ai microfoni delle tv con un disarmante “Conosco solo i templi e il viale della Vittoria”.
Lo ha poi istruito in cattedrale lo stesso cardinale Montenegro che gli ha illustrato nel corso della cerimonia di consacrazione di che pasta è fatta Agrigento, dei suoi “mandamenti” e dell’affamato popolo di Dio. Col tempo saprà dei populisti di Dio che silenziosamente contestano Papa Bergoglio e preferiscono esser seguaci del cardinale Burque che notoriamente “fa la guerra” a Bergoglio sorretto anche dalle associazioni fondamentaliste americane delle quali sono spesso ospiti Meloni e Salvini che nutrono spiritualmente i” Fratelli d’Italia” girgentani.
In occasione di un evento costituito dall’insediamento di un nuovo arcivescovo, è interessante cercare di capire quali domande o richieste possa rivolgere un cattolico a chi si accinge ad assumere un compito alquanto impegnativo come quello connesso all’esercizio del ruolo vescovile, particolarmente in un territorio come quello agrigentino.
Mons Damiano sarà molto avveduto, visto che proviene da una diocesi molto chiacchierata come quella di Trapani. Ma capire ciò è difficile anche perché il mondo cattolico non è omogeneo e le domande potrebbero essere diverse in ragione della particolare visione della cattolicità posseduta da ciascun credente. Inoltre esiste un altro aspetto di particolare rilevanza. Infatti, se da un lato, cioè da un punto di vista giuridico o comunque relativo ad una struttura organizzata come è anche la Chiesa, un vescovo è il vescovo dei cattolici e delle strutture o enti cattolici della diocesi, dall’altro, in quanto testimone della fede in Gesù, non può non relazionarsi, coerentemente con il carattere universale di questa fede, con tutti gli uomini che vivono nel territorio della diocesi indipendentemente dalle loro particolari visioni della realtà e dal loro sistema di valori. Allora il problema si allarga in quanto è pure interessante capire se e quali domande anche i non cattolici potrebbero porgli. In proposito sembra chiaro che a un tale livello il rapporto vescovo-uomini della diocesi non può avere alcun supporto nel ruolo del vescovo come espressione di una struttura organizzata anche con criteri giuridici, cioè nel vescovo come autorità, restando la dimensione povera, ma alquanto ricca in altro senso, della mera testimonianza.
Si ritiene, quindi, che probabilmente domande di particolare valore, che peraltro anche il credente dovrebbe formulare, sono quelle indirizzate al vescovo testimone della fede in Gesù, al vescovo considerato come soggetto di azione pastorale. Di conseguenza, in questo contributo ci si atterrà a quest’ultima prospettiva, avendo la consapevolezza che il contenuto delle domande va anche messo in relazione al nucleo fondante del messaggio evangelico. Se, dunque, è corretto affermare che tale nucleo è costituito dal rapporto di amore tra Dio e gli uomini e tra gli uomini tra di loro operante nel concreto vissuto degli uomini stessi, allora alcune domande che si possono porre al neo-vescovo, attengono ai vari ambiti caratterizzanti la condizione umana: relazioni e status sociali, economia e vita delle persone con particolare riguardo al lavoro e alla occupazione, condizione delle donne e specifiche problematiche, rapporti uomo-donna e problematiche proprie del rapporto di coppia, rapporti tra genitori e figli e in genere problemi dell’istituzione familiare nell’attuale contesto socio-culturale; concezioni che improntano il rapporto con se stessi,con gli altri e la realtà circostante col dovuto riguardo particolarmente al vissuto degli adolescenti e dei giovani; comportamenti ispirati da uno scarso o assente senso della legalità riguardo anche a culture come quella mafiosa. Da Messina ingenuamente definita “provincia babba”, Montenegro è stato catapultato ad Agrigento “città termale” e soggiorno dorato della mafia, e che fa il paio con le baracche del terremoto di Messina di cento anni fa e le baracche del Belice di cinquant’anni fa); condizioni di sofferenza fisica e psichica e relativo sistema assistenziale. Dall’altro lato mons. Damiano sa, con sofferenza, che la sua diocesi di provenienza è stata definita da un giornale come la “Trapani-Gomorra”,
A tutti questi aspetti va, poi, aggiunto l’importantissimo ambito, trasversale a tutti gli altri, concernente la formazione delle personalità, cioè il profilo educativo nella sua più ampia accezione.
Si chiede, quindi, al nuovo vescovo di Agrigento come ritiene di farsi sentire vicino al variegato disagio esistenziale presente nei vari aspetti richiamati della odierna condizione umana e utilizzando quali strumenti; quali organizzazioni cattoliche ritiene, nella prospettiva poco sopra indicata, che debbano essere potenziate o istituite; riguardo al metodo dell’azione pastorale (ma si tratta in effetti probabilmente della sua sostanza), se ritiene che parecchi problemi dell’umanità che avrà accanto vadano affrontati con l’utilizzazione di una mera precettistica che si ha il dovere di osservare magari collegata ad un sistema di premi e punizioni sia di ordine spirituale che civile o con l’utilizzazione di un ascolto attento (sempre in ascolto, d’accordo, ma con quali aggiornate soluzioni?), di una presenza espressiva della condivisione delle difficoltà esistenziali dalla quale possa scaturire la scoperta di validi e concreti valori che aiutino a superare le difficoltà stesse e aiutino la crescita delle personalità.
Relativamente al complesso e rilevante ambito dell’educazione, si chiede a quali principi ispirerà la propria azione: se ritiene ad es. che fondamento dell’azione educativa debba essere la mera trasmissione di un corpo di valori dato astrattamente e preventivamente o piuttosto l’acquisizione di valori attraverso la formazione allo spirito critico da esercitare nella concretezza delle esperienze di vita e necessario per possedere un’intelligenza aperta e una personalità forte e responsabile perché fondata su valori conquistati attraverso l’esercizio reale della propria libertà. Infine, si chiede in particolare quali strumenti e metodi intenda adottare per conoscere bene gli uomini e la società della propria diocesi e quali strumenti e metodi di dialogo intende attivare (Fondamentale in questo senso il ruolo di un giornale e di una tv di area strettamente cattolica e con molti minuti dedicati alla pastorale calcistica).
E’ chiaro che le domande poste vogliono essere un contributo alla riflessione di chi si accinge ad esercitare l’importante ruolo di vescovo della diocesi di Agrigento mentre le risposte ad esse verranno dal concreto esercizio di tale ruolo.
Intanto continuiamo a porgere a mons. Montenegro e a mons. Damiano l’augurio di costituire una presenza che possa efficacemente aiutare gli uomini e la società agrigentina a crescere in quella dimensione che sta alla base delle variegate azioni ed esperienze umane.
E questo in una diocesi dove la memoria dell’arcivescovo Peruzzo rimane ancora molto, molto forte.