“Partiamo da una domanda semplice, quasi ingenua: la Sagra del Mandorlo in Fiore 2025 è stata un successo o un insuccesso? È stata un successo. Punto. Le piazze erano piene, la città era viva, la gente si è divertita. C’è stato un boom di presenze turistiche, le strutture ricettive hanno lavorato a pieno ritmo, i ristoranti hanno fatto il tutto esaurito. Agrigento ha mostrato il suo lato migliore: quello della festa, dell’ospitalità, dell’energia collettiva. Era impossibile non farsi coinvolgere dall’entusiasmo di questi giorni”. L’analisi di Michele Sodano a chiusura della 77esima edizione delLa Sagra del Mandorlo in Fiore.
“Ma poi c’è il racconto. L’esasperazione del racconto. Un racconto talmente trionfalistico da diventare indigeribile, da soffocare qualsiasi riflessione più netta su cosa abbia realmente comportato questa Sagra. Quanto è costata? Come sono stati spesi i fondi pubblici? Cosa si poteva fare meglio e cosa peggio? Quali sono i meriti e i demeriti di un’amministrazione che ha fatto di tutto per mettersi sempre al centro dell’attenzione? Andiamo con ordine”, continua Sodano. “Settecentomila euro. Questa la cifra investita dal Comune, circa centomila euro al giorno. Un costo importante, che porta con sé una domanda inevitabile: perché così tanto? Perché se da un lato è chiaro che eventi di questa portata abbiano costi elevati, dall’altro non possiamo ignorare che con un budget dimezzato, 350 mila euro negli anni precedenti, la macchina del Mandorlo era stata comunque messa in piedi. Quest’anno sono girati davvero tantissimi soldi. I biglietti per gli spettacoli costavano circa 10 euro, moltiplicati per 4-5 serate, con eventi in location diverse e sempre piene: soldi, investimenti, spese. Come sono stati destinati questi fondi e come sono stati redistribuiti? Se la Sagra ha richiesto un investimento così elevato, è legittimo chiedersi perché e con quali criteri siano stati gestiti. Domande che meritano trasparenza. Tra le cose più riuscite c’è stato senza dubbio il Food Village, un format ormai collaudato che ha dimostrato ancora una volta la sua forza. Dietro c’è esclusivamente il lavoro di giovani imprenditori locali, che per il terzo anno consecutivo hanno creato uno spazio di aggregazione vero, vivo, che ha funzionato benissimo. Piazza Stazione è stata il cuore pulsante della festa, il luogo dove la gente è rimasta fino a tardi, mangiando, chiacchierando, vivendo la città. Un successo su cui c’è poco da discutere, ma che porta con sé una riflessione: è davvero merito dellaSagra?Se si prendesse lo stesso format e lo si replicasse in un giorno qualsiasi dell’anno, senza il Mandorlo in Fiore, funzionerebbe ugualmente. Funzionerebbe sempre. Perché certe idee sono vincenti a prescindere. E allora perché non farlo più spesso? Perché Agrigento può essere viva solo per cinque giorni all’anno?Poi c’è la magia della Sagra vera e propria: gruppi straordinari, colori, danze, entusiasmo. La città e i territori limitrofi hanno risposto con passione, e non dovrebbe sorprendere nessuno. Agrigento è una città spenta per otto mesi all’anno. Da settembre a maggio sembra addormentata, incapace di generare eventi, aggregazione, vitalità. Quando finalmente succede qualcosa, la risposta è esplosiva. Forse perfino eccessiva, al punto da mandare in tilt viabilità, gestione degli spazi e servizi.Ed è qui che arriva il punto più scomodo. La città sa essere viva anche senza il Mandorlo in Fiore. Lo abbiamo già visto, per esempio con l’Urban Fest, organizzato da Riccardo Gaz e da alcuni imprenditori della Via Atenea senza un euro di finanziamento pubblico, ma con tanti ombrelli a colorare le vie del centro. Una manifestazione a costo zero per le casse pubbliche che ha avuto la stessa risposta entusiasta, ma che è stata bloccata perché, a detta dello stesso Cantone, “non si poteva fare la discoteca a cielo aperto.”
E allora, delle due l’una: o certe cose non si possono fare mai, oppure si possono fare sempre. Perché diventano accettabili solo quando ci sono finanziamenti pubblici? Perché la città può essere viva solo quando lo decide il Comune?Alla fine, il problema non è mai la Sagra. Una festa popolare non può non funzionare. Ma quello che c’è attorno sì. Perché questa festa brilla all’interno di una cornice drammatica: una città dove per il resto dell’anno dominano miseria, frustrazione, assenza di servizi.Una città dove gli imprenditori che vogliono creare occasioni di aggregazione vengono fermati, dove non esistono bagni pubblici, dove mancano spazi adeguati, dove le energie che si sprigionano durante il Mandorlo in Fiore vengono poi disperse nel nulla.E da domani, calma piatta. Neanche fosse l’anno di Capitale della Cultura.