Ormai è noto, c’è stata una svolta nelle indagini che ha portato al fermo del presunto killer dell’omicidio di Angelo Carità, avvenuto a Licata il giorno di Pasquetta.
Con una conferenza stampa Procura e Carabinieri, procuratore capo Luigi Patronaggio, aggiunto Salvatore Vella, sostituto Simona Faga, col. Rodrigo Micucci, capitano Luca Armao e comandante della compagnia di Licata, capitano Francesco Lucarelli) hanno spiegato cosa è avvenuto quel giorno
Carità era stato barbaramente ucciso a colpi di pistola, la mattina di Pasquetta, davanti al cancello del proprio terreno agricolo, a Licata. Il corpo, poco dopo, era stato ritrovato dalla moglie che aveva subito telefonato in caserma. Dal giorno del brutale omicidio di Angelo Carità, 61 enne, bracciante agricolo, i Carabinieri di Licata ed i colleghi del Reparto operativo di Agrigento, intervenuti subito sul posto in quel giorno di festa, non hanno mai mollato la presa, analizzando ogni singolo e più piccolo indizio. A sei mesi esatti, è arrivata la svolta nelle indagini.
Il caso, subito rivelatosi molto complesso, tenuto conto anche dell’assenza di testimoni, ha visto dapprima l’intervento della sezione Investigazioni scientifiche del Reparto operativo, che ha effettuato uno scrupoloso sopralluogo sulla scena del crimine. Poi una miriade di pedinamenti ma, anche l’acquisizione e l’analisi meticolosa delle immagini degli impianti di video-sorveglianza di tutta la città di Licata.
I Carabinieri della locale Compagnia e del Reparto operativo provinciale, sin da subito, coordinati dalla Procura della Repubblica di Agrigento, hanno indirizzato le indagini su alcune immagini video, ottenute da vari esercizi commerciali ubicati nei pressi del luogo del delitto.
Immagini in cui si sono potute scorgere le fasi concitate dello spietato agguato, nel corso del quale il killer, giunto a piedi ed indossando un giubbotto, aveva esploso il colpo di grazia alla vittima. L’analisi di un imponente quantitativo di materiale video acquisito, ha consentito di ripercorrere il tragitto compiuto dalla vittima negli attimi precedenti all’omicidio. In particolare, gli investigatori dell’Arma sono riusciti ad evidenziare un’auto usata, sia a pedinare per un breve tratto di strada la vittima, sia ad effettuare alcuni passaggi presso l’abitazione della stessa.
La successiva perquisizione domiciliare effettuata nei confronti del sospettato, in quanto utilizzatore di tale veicolo, ha permesso poi di scovare un giubbotto, abilmente occultato e simile a quello indossato dal killer, riportante sulla manica destra delle piccole macchie di sangue. I conseguenti esami di laboratorio svolti dagli specialisti dei Carabinieri del Ris di Messina hanno confermato che le macchie sul giubbotto in questione, altro non erano che tracce ematiche riconducibili alla vittima dell’omicidio. E pertanto, all’alba, una decina di Carabinieri, supportati anche da unità cinofile, hanno cinturato l’abitazione di Orazio Rosario Cavallaro, 61 enne, ritenuto il killer di Angelo Carità, sorprendendolo ancora nel sonno, facendo scattare le manette ai suoi polsi con l’accusa di omicidio volontario” e porto abusivo di arma da fuoco, in esecuzione di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto” emesso dalla Procura della Repubblica di Agrigento.
Risultano indagate per favoreggiamento la moglie di Cavallaro, Giovanna Brancato ed anche la figlia, Veronica. All’iscrizione nel registro degli indagati si è giunti dopo che, nel corso delle indagini, entrambe le donne avrebbero fornito – secondo gli inquirenti – una versione di comodo per favorire Orazio Rosario Cavallaro. Infatti, l’auto utilizzata per compiere l’omicidio appartiene proprio a Giovanna Brancato la quale interrogata ha detto ai carabinieri di essere stata nella zona del delitto, senza il marito, per sue faccende personali indicando inoltre di essere stata in compagnia della figlia Veronica. Versione confermata da quest’ultima. Inutile dire che gli inquirenti non hanno creduto ad una sola parola di quanto narrato. Ed è scattata l’iscrizione per favoreggiamento.