E’ un discorso storico, pastorale e “politico” quello profferito dal cardinale Francesco Montenegro oggi pomeriggio al cospetto di un centinaio di agrigentini.
Tutti assiepati insieme ai presbiteri sul sagrato sud della cattedrale di Agrigento per il rito di memoria della Dedicazione della Basilica Cattedrale San Gerlando. Poco più di nove secoli ci separano dalla costruzione della cattedrale e poco più di sette dalla sua Dedicazione a San Gerlando.
Nella facciata meridionale della torre sono evidenti dei richiami decorativi insieme allo stemma dei Montaperto erosi dal tempo.
Normanno e gotico – chiaramontano si mescolano a quello rinascimentale e barocco, Sulla parete del corpo ecclesiale le cinque monofore in pietra viva, fotografatissime dai turisti, appaiono sempre più slabbrate ed erose.
La celebrazione di questo pomeriggio non ha per tetto il celebre soffitto a cassettone ma uno squarcio di cielo azzurro. Soffitto d’epoca spagnola di cui si gloriarono Carlo V d’Asburgo imprimendo il suo stemma con l’aquila bicipite e con i restauri che celebrano Filippo IV di Spagna.
Oggi, 6 settembre 2017 si attende che qualcuno dei nostri governanti vi apponga un qualche suo “stemma”, un qualche suo exequatur per il riequilibrio di una cattedrale sempre periclitante.
“Da sei anni, sei mesi e una ventina di giorni” – ha precisato mons. Montenegro – si attende, mentre “vedo sprofondare i pavimenti e spaccarsi i marmi”.
Ciononostante il vescovo definisce quel sagrato come ”un segno della Provvidenza che indica la strada per i nostri consigli e perciò come luogo privilegiato della nostra pastorale”.
“Credetemi non desideravo quello che sta avvenendo ma se dobbiamo prendere atto se le cose stanno così, e che bisogna attendere sei anni sei mesi e una ventina di giorni, questo non mi vieta di dire che è avvilente sentire da anni promesse da parte di chi dovrebbe prendere le dovute decisioni. E’ vero che qualcosa sembra muoversi ma non occorrono gli apparecchi elettronici di misurazione per rendersi conto della gravità della situazione. Non intendo creare allarmismi inutili ma non posso non vedere le crepe diventare più evidenti, il pavimento abbassarsi, i marmi spaccarsi. Se dovesse accadere qualcosa di grave mi immagino il rimballo delle responsabilità, saranno in molti ad affermare io lo dicevo che sarebbe accaduto. Dispiace questo disinteresse per fare qualcosa in più per la nostra cattedrale, però vi confesso che la cosa che mi fa più male è l’indifferenza degli agrigentini al riguardo. La Cattedrale non è solo il simbolo della storia della chiesa ma lo è anche di una città e di un territorio. Ma su che cosa si poggia la nostra fede di cristiani? Solo sulle tradizioni?“.
Citando un suo personale sondaggio, il vescovo sottolinea come tanti agrigentini addirittura non abbiano mai visto la cattedrale causa anche dell’indifferenza attuale sulla cattedrale che oltre ad essere un bene artistico è anche un bene di fede.
Sofferto e preoccupato si fa il discorso di Montenegro allorchè accenna, anzi, mette il dito nella piaga sull’allontanamento di molti dalla chiesa, sulla emigrazione dei giovani che non trovano più il loro ubi consistam,
E ricordando le benemerite azioni missionarie di Agrigento per la Tanzania e oggi l’Albania, rileva a chiare lettere come il nostro territorio sia anch’esso terra di missione e sollecita, preoccupato, il farsi di una catechesi per gli adulti oltre che per i fanciulli.
“Aumentano le solitudini, la povertà, la violenza e un’altra parola particolare “mafia”, che fanno organizzare tavole rotonde mentre l’università un giorno chiude e un altro no. Se la situazione è questa abbiamo sempre più bisogno della parola di Dio. Tutti diciamo che la nostra società è cristiana, però il senso di morte e indifferenza avanzano”.
Infine il Vescovo di Agrigento riferisce di una lettera che Papa Bergoglio gli aveva inviato una settimana fa dove lo incoraggia “a porre tutte le risorse umane, materiali e spirituali a sostegno di quanti si trovano in situazioni difficili e gravose. Assicuro ricordo per le tue necessità e mentre ti chiedo di pregare per me ti invio apostolica benedizione e a quanti sono affidati alle tue cure episcopali”. Non è soltanto un augurio quello del Papa – conclude Montenegro – è un impegno che ci dà e un impegno lo si deve vivere per non tradire le aspettative di chi l’ha dato”.