Mafia

Arsenale sequestrato alla mafia di Villaseta: ecco perchè Mandracchia resta in carcere

Sicuro, per il Gip del Tribunale di Agrigento, Iacopo Mazzullo, dunque, il collegamento tra le armi e il terreno dell'indagato

Pubblicato 17 ore fa

Si era avvalso della facoltà di non rispondere, seppur rilasciando una breve dichiarazione spontanea con cui negava ogni addebito: “Quelle armi non sono mie, sono state trovate al di fuori del recinto della mia casa di campagna e chiunque poteva arrivarci e nasconderle”.

Il netturbino 48enne Alessandro Mandracchia si era difeso così all’interrogatorio di convalida dell’arresto davanti al Gip Iacopo Mazzullo.

L’uomo, assistito dal suo legale Teresa Alba Raguccia, pur non rispondendo alle domande ha provato a convincere il giudice di non essere l’armiere del clan di Villaseta. Ma non è stato creduto ed il Gip dopo aver convalidato l’arresto ha sottoscritto misura cautelare relegando in carcere, al Petrusa di Agrigento, l’indagato.

Il Giudice Mazzullo ha argomentato in questo modo il suo provvedimento: Si contesta all’indagato una serie di reati riguardanti la detenzione e il porto di armi da fuoco (comuni e da guerra): le contestazioni s’inseriscono in un più ampio procedimento della D.D.A. di Palermo che, nei giorni scorsi, ha condotto al fermo dì trenta indiziati di delitto per reati commessi anche con armi.

Gli elementi che hanno condotto i carabinieri ad attenzionare l’odierno indagato sono evidentemente da rintracciare in quel procedimento; il Mandracchia lo scorso 23 novembre era stato controllato sulla Statale 115 assieme a Guido Vasile (uno dei trenta soggetti recentemente sottoposti a fermo) e all’interno dell’auto venivano rinvenuti 120.000 euro in contanti. Lo stesso Mandracchia è ritenuto essere soggetto di fiducia di Pietro Capraro e Gaetano Licata, altri due dei trenta soggettirecentemente fermati.

Il 21 dicembre u.s. i militari delNucleo Investigativo sottoponevano dunque a perquisizionedomiciliare l’abitazione di Alessandro Mandracchia nonché i terreni dì sua proprietà, siti in C.da Fondacazzo coiseguenti esiti: presso l’abitazione venivano rinvenute due cartucce in calibro 7,62; presso i terreni si riscontrava che la proprietà dell’indagato era delimitata da una rete metallica; in un certo punto la rete metallica era piegata verso il basso (sì da agevolare lo scavalcamento) e proprio in quel punto nella proprietà del Mandracchia era posizionato, in orizzontale, un vecchio frigorifero a mo’ di scalino; oltrepassata la rete in quel punto, ci si trovava su una piccola particella prospiciente il fiume Akragas, pertanto di difficile raggiungimento se non da parte dello stesso Mandracchia; dal punto in cui era stato reso agevole, da parte del terreno dell’indagato, scavalcare la recinzione, sì poteva percorrere dieci metri di terreno già ben calpestato, e raggiungere un tronco d’albero abbattuto; lì erano occultati tra la vegetazione due bidoni in plastica blu, contenenti: una pistola mitragliatrice con due caricatori vuoti e uno con venti cartucce inserite ( calibro 9x 19); un revolver Taurus con matricole punzonate; un revolver Smith & Wesson risultato oggettodi furto consumatosi in data 20.11.2024; un revolver privo di marca e matricola; una pistola mono-colpo; una granata; diciannove cartucce calibro 22; sessantatré cartucce calibro 9x 19 parabellum; trentasette cartucce calibro 38 special; due cartucce calibro 7,65; quaranta cartucce calibro 9x 19. All’interno di un magazzino sito nel terreno dello stesso Mandracchia veniva rinvenuto un bidone azzurro simile a quelli all’interno dei quali erano occultate le armi.

Il collegamento tra le armi rinvenute e l’indagato sì ricava ampiamente dai seguenti elementi: l’area dove erano state occultate le armi è attigua a quella dell’indagato e, ancor più, è ricompresa tra il terreno dell’indagato e una piccola particella confinante col fiume Akragas: in astratto, quindi, l’indagato aveva facile accesso al luogo, mentre possibili soggetti terzi avrebbero avuto difficoltà a raggiungerlo; in concreto, poi, era stato allestito un vero e proprio “passaggio” tra il fondo dell’indagato e il luogo di occultamento delle armi: la recinzione era stata piegata verso il basso ed era stato posizionato un vecchio frigorifero come scalino per scavalcare la recinzione; dal punto di passaggio al luogo di ritrovamento era presente un sentiero che, all’evidenza, appariva ampiamente battuto e portava proprio al luogo di occultamento delle armi; presso il terreno dell’indagato è stato ritrovato un contenitore molto simile ai due utilizzati per custodire le anni; presso l’abitazione di città dell’indagato sono state rinvenute altre due munizioni per arma da fuoco, a riprova del fatto che trattasi di dedito alla detenzione di illecita di armi e munizioni. Sicuro, dunque, il collegamento tra le armi e il terreno dell’indagato. Può solo aggiungersi che quest’ultimo terreno è effettivamente in uso alla famiglia dell’indagato, tant’è che al momento della perquisizione erano presenti la moglie e i suoi figli. Sarebbe poi irragionevole ritenere che a detenere le armi fossero la moglie e i figli e che l’indagato fosse all’oscuro di tutto; egli è invero l’unico inserito in un circuito criminale di rilievo, come testimonia la genesi della perquisizione e, in particolar modo, il fatto che neanche un mese fa sia stato rinvenuto nella disponibilità della somma di 120.000 euro in contanti. In ogni caso, l’allestimento di un vero e proprio passaggio tra il terreno e il luogo di occultamento delle armi è un dettaglio che non può sfuggire al proprietario del terreno e che conferma pertanto la piena consapevolezza dell’indagato in ordine alla detenzione delle armi. Risulta conseguentemente provata la detenzione da parte dell’indagato di tutte le armi indicate nei capi di accusa.

Va ritenuto provato anche il porto delle stesse: le armi non erano custodite in casa, bensì presso un fondo attiguo, costituente sostanzialmente il greto del fiume Akragas e di verosimile proprietà pubblica; oltre che di proprietà verosimilmente pubblica, detta particella era comunque accessibile da parte del pubblico, quantomeno via fiume, anche a non voler considerare i proprietari dei fondi confinanti. La stessa linea difensiva dell’indagato e del suo difensore sottolinea che l’area, sebbene impervia, era accessibile da parte dì terzi, con la conseguenza che chiunque avrebbe potuto nascondere là le armi. Deve pertanto concludersi che le anni siano state portate in luogo pubblico o aperto al pubblico. A portare le armi non può che essere stato anche l’odierno indagato non potendosi escludere il concorso con altri soggetti -, atteso che il passaggio costruito tra i due fondi rende evidente che le armi siano transitate dal terreno dell’indagato al luogo del ritrovamento.

Non dirimenti si palesano gli dementi forniti dalla difesa all’udienza di convalida: l’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere, soltanto osservando che il terreno del ritrovamento non è suo e che lui nulla c’entra con la detenzione delle armi. Analoghe considerazioni sono state svolte dal difensore, che ha argomentato in ordine al fatto che l’area del ritrovamento. sebbene impervia, è aperta e quindi raggiungibile da parte di chiunque. Il mero fatto della proprietà formale dell’area di ritrovamento e dell’astratta apertura al pubblico della stessa area è argomento debole e non consente di superare, a confronto, i più solidi indizi di collegamento tra l’indagato e le armi.

Nel corso della medesima inchiesta sulla mafia di Villaseta che nei giorni scorsi aveva portato al fermo di 30 indagati. I carabinieri del Nucleo investigativo di Agrigento avevano effettuato altra perquisizione mirata nei confronti del 72enne di Agrigento, Luigi Prinzivalli, zio del presunto capomafia di Villaseta Pietro Capraro, al quale sono stati trovati circa 80.000 euro in contanti. L’uomo, è stato denunciato per riciclaggio e si attende il provvedimento del giudice che dovrà decidere se dissequestrate i soldi o meno. Non sono stati dissequestrati, invece, i soldi sequestrati al netturbino adesso rimasto in carcere.  La figura di Mandracchia emergeva già dalle carte dell’inchiesta per essere stato fermato nel novembre scorso, in compagnia di Guido Vasile, mentre trasportavano 120 mila euro in contanti in una busta di plastica.

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