“Voleva i soldi da me, perchè mi accusava di essersi esposto pesantemente per avviare l’attività di rivendita di macchine. Gli ho detto, venerdì, che non non avevo denaro e di rivederci il lunedì successivo, ma mi ha minacciato, ha minacciato mia moglie e mia figli e si è scagliato contro di me. A quel punto ho afferrato la prima cosa che ho trovato, un coltello che da cucina, e l’ho colpito”. Questo il racconto, nei particolaril, di Giovanni Riggio, il 27enne palermitano, reo confesso dell’omicidio del meccanico Giuseppe Mattina, 41 anni, di Favara, assassinato venerdì sera in un magazzino di Contrada San Benedetto. Il giovane ha fatto queste dichiarazioni al gul del Tribunale di Palermo, Wilma Mazzara, che ha convalidato l’arresto e disposto che Riggio resti in carcere.
Il palermitano ha anche chiarito il “mistero” delle gambe legate col nastro adeisvo: “Dovevo uscire e si trovava davanti l’ingresso, per cui ho legato le gambe per spostarlo”.
Riggio, al momento di costituirsi ha consegnato agli agenti del Commissariato di Brancaccio, a Palermo, i vestiti sporchi di sangue e il coltello con il quale aveva commesso l’assassinio. Prima di recarsi nel capoluogo il 27enne era andato nella sua casa di Favara dove si era ripulito e cambiato.