Giudiziaria

L’incendio alla ditta Omnia, scattano altre 10 misure cautelari (NOMI)

Sei indagati sono stati arrestati, per altri quattro misure meno afflittive

Pubblicato 2 mesi fa

Altre dieci misure cautelari sono state eseguite questa mattina dai carabinieri del Comando provinciale di Agrigento nell’ambito dell’inchiesta sull’incendio doloso al deposito di rifiuti della ditta Omnia di Licata. Si tratta degli indagati sottoposti nelle scorse settimane al cosiddetto “interrogatorio preventivo, vale a dire un passaggio preliminare prima dell’eventuale applicazione di misure cautelari. Misure che sono arrivate all’alba di oggi su disposizione del gip Micaela Raimondo che ha accolto la richiesta del pm Alessia Battaglia.  

In carcere finiscono Giuseppe Salvatore Barbera, 60 anni, di Campobello di Licata; Gioconda Stemma, 52 anni, di Campobello di Licata; Giuseppe Galiano, 47 anni, di Ravanusa; Maurizio Brancato, 49 anni, di Canicattì. Ai domiciliari, invece, Nicola Bostan, 39 anni, residente a Ravanusa; Marian Alexandru Buluc, 23 anni, residente a Ravanusa. Obbligo di presentazione alla Pg per: Giovanni Galiano, 21 anni, di Ravanusa. Obbligo di dimora per: Francesco Salamone, 23 anni, di Ravanusa; Ion Acatrinei, 43 anni, residente a Ravanusa; Emanuele Montaperto, 34 anni, di Campobello di Licata.

Barbera e Stemma sono ritenuti gli esecutori materiali dell’incendio al deposito della Omnia. In particolare, il primo avrebbe fatto da “palo” mentre la seconda si sarebbe introdotta insieme a D’Antona (su mandato di Famà) all’interno dello stabilimento appiccando il rogo con un accendino. Ad entrambi viene inoltre contestato il reato di inquinamento ambientale poiché le conseguenze dell’incendio comportarono un “deterioramento significativo dell’aria, facendo registrare concentrazioni di Poli Cloro Dibenzo Diossine e Poli Cloro Dibenzo Furani grandemente superiori rispetto ai limiti medi stabiliti”. A Barbera viene inoltre contestata anche una estorsione in concorso mentre alla donna almeno due furti in concorso. Brancato è accusato di detenzione e porto illegale in luogo pubblico di una pistola e minacce (in concorso con D’Antona) oltre che ricettazione. Giuseppe Galiano è accusato di estorsione e ricettazione: la vicenda è legata alla rapina subita da un minorenne a cui era stata sottratta una bici elettrica. Secondo gli inquirenti, l’indagato avrebbe chiesto (in concorso) soldi al genitore per la restituzione del mezzo. Per Bostan e Buluc le accuse sono di furto aggravato: il primo (insieme a Montaperto) avrebbe svaligiato un’abitazione a Campobello di Licata mentre il secondo avrebbe depredato l’impianto sportivo comunale di Ravanusa. Francesco Salamone è accusato di ricettazione per aver ricevuto la refurtiva del furto nell’abitazione svaligiata a Campobello nel giugno 2021. Ion Acatrinei è accusato, invece, del furto avvenuto in un’abitazione a Ravanusa nel luglio scorso: in quell’occasione furono portati via documenti e soldi per un importo compreso tra i 5 e 10 mila euro

Le nuove misure cautelari si aggiungono a quelle scattate nelle scorse settimane quando i carabinieri arrestarono Carmelo D’Antona, 39 anni, di Ravanusa, Cristoforo Famà, 41 anni, di Licata, e  Mario Antona, 24 anni, di Ravanusa. Ai primi due è contestata la progettazione e l’esecuzione dell’incendio mentre al terzo il reato di estorsione. La vicenda è legata al maxi incendio nel deposito di rifiuti dell’impresa Omnia, avvenuto alle fine dello scorso gennaio nella periferia di Licata. Il rogo, domato soltanto dopo alcune settimane di incessanti operazioni, provocò un grave danno ambientale che impose al sindaco anche l’adozione di misure drastiche come la chiusura delle scuole cittadine. L’inchiesta, durata oltre dieci mesi, ha fatto luce non soltanto sull’incendio alla Omnia ma anche su uno spaccato di criminalità e violenza tra Ravanusa, Licata e Campobello di Licata.

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