La Stidda a Roma, Nicitra: “Ecco perchè Calafato mi accusa, mi meraviglio di essere ancora vivo”
Nicitra, originario di Palma di Montechiaro, vicino alla Banda della Magliana, è ritenuto il boss del quadrante nord di Roma
“Non mi ha potuto uccidere all’epoca e adesso sta cercando di farmi prendere l’ergastolo e restare in carcere a vita. Calafato ha dichiarato che io sapevo che i Ribisi volevano ucciderlo e mi considera complice di una sua eventuale morte. Le posso assicurare che a Palma di Montechiaro si moriva per molto meno, mi meraviglio di essere ancora vivo.” Sono le parole di Salvatore Nicitra, originario di Palma di Montechiaro, comparso ieri mattina in aula, davanti la terza sezione della Corte di Assise di Roma (presieduta dal giudice Antonella Capri), nel processo scaturito dalla maxi inchiesta Jackpot, l’indagine che ha fatto luce sulla sua scalata al vertice criminale della Capitale.
Una storia, quella di Nicitra, caratterizzata dai rapporti con la famigerata Banda della Magliana alle parentele e collusioni con i clan della Stidda e le famiglie mafiose dell’agrigentino che, alla fine degli anni ottanta, diedero vita ad una sanguinosa guerra di mafia. Tre gli imputati in questo stralcio processuale: oltre allo stesso Nicitra figurano Calogero Farruggio e Giovanni Calafato. Quest’ultimo, oggi collaboratore di giustizia mia un tempo spietato killer a capo della stidda di Palma di Montechiaro, è il grande accusatore di Nicitra. Calafato il 28 ottobre 2015 rivela ai magistrati che indagano su Nicitra di aver partecipato ad alcuni di questi delitti accusandosi di fatto di essere l’esecutore materiale dell’omicidio di Valentino Belardinelli, ucciso nel 1988 mentre rincasava (armato) con la fidanzata. Valentino Belardinelli era il fratello di Roberto “Bebo” Belardinelli, pezzo da novanta della mala di Roma nord entrato in contrasto con Nicitra (entrambi vicini a Renatino De Pedis) operando nello stesso territorio. Bebo Belardinelli era rimasto vittima di un agguato il 12 novembre 1988 quando più uomini armati esplosero numerosi colpi contro lui e Paolino Angeli, deceduto nell’immediato, e Franco Martinelli, che rimase ferito ma si salvò. Fatta luce anche sull’omicidio di Giampiero Caddeo, morto nel 1983 nell’ospedale psichiatrico di Aversa: una parete divisoria della sua cella era crollata per l’esplosione della bomboletta di un fornello a gas, innescata da Nicitra per uccidere proprio Roberto Belardinelli che, in quel momento, era pero’ assente. Non solo Giovanni Calafato.
Altri collaboratori di giustizia hanno fornito, nel corso del tempo, importanti spunti investigativi sulla figura di Nicitra. Dai pentiti storici della Banda della Magliana – Maurizio Abbatino, il “Freddo” della serie Romanzo Criminale”, e Antonio Mancini “l’accattone” – a Giuseppe Marchese, cognato di Leoluca Bagarella, fino ad arrivare a Giuseppe Croce Benvenuto di Palma di Montechiaro. Si torna in aula il 14 novembre.