Mafia

Il procuratore di Palermo: “Oggi più facile trovare mafiosi che funzionari infedeli”

Lo spiega in un'intervista a Repubblica il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia che traccia un bilancio dell'attuale fase di lotta al crimine

Pubblicato 3 mesi fa

“Oggi è più difficile scoprire i funzionari infedeli che i mafiosi”. Lo spiega in un’intervista a Repubblica il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia che traccia un bilancio dell’attuale fase di lotta al crimine. “Le indagini sui colletti bianchi sono più difficili perché non è possibile utilizzare il sistema legislativo che funziona nei confronti della mafia – prosegue -, abbiamo strumenti diversi, certamente meno invasivi, ma anche meno efficaci”. Si sono sollevate non poche polemiche per l’abolizione del reato di abuso d’ufficio. “Magari l’abrogazione dell’abuso d’ufficio avrà un valore simbolico per qualcuno, ma si era già intervenuti in materia. C’è una questione di metodo più generale – spiega -: le attuali scelte in materia di politiche penali si susseguono in materia caotica senza lasciare il tempo alle norme approvate di sedimentare. Per gli operatori del diritto è difficile adeguarsi ai mutamenti”.

Per essere più incisivi nelle indagini sui colletti bianchi secondo de Lucia dal punto di vista normativo “bisogna essere assai cauti soprattutto con riguardo alle intercettazioni. La corruzione, come la mafia, è un reato occulto che si scopre non perché qualcuno te lo dice, ma perché ascolti chi compie i reati”. Per quanto riguarda l’emendamento che vorrebbe ridurre le intercettazioni a 45 giorni, con questo “si rischia di introdurre un elemento preoccupante per chi fa indagini sulla pubblica amministrazione, perché le limita moltissimo – prosegue -. Piuttosto, sarebbe sufficiente prendere atto del fatto che già oggi le intercettazioni sono autorizzate da un giudice terzo, in presenza di rigorosi requisiti”. Infine una riflessione. “Dopo una lunga stagione, lo Stato può dire di essere vincente contro la mafia. Ma siamo in un momento delicato, in cui Cosa nostra punta alla riorganizzazione – conclude -. Se lo Stato non continuerà a investire in questa lotta, mettendo le procure in condizione di lavorare a pieno regime, rischiamo di perdere la partita che stiamo vincendo”.

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