Inchiesta mafia e appalti: anche Scarpinato interrogato dai pm a Caltanissetta
Nel corso delle ultime settimane sono stati ascoltati anche Ignazio De Francisci, Alfredo Morvillo, Salvatore Pilato e Antonio Ingroia.
L’ex Pm del pool antimafia di Palermo Roberto Scarpinato, oggi parlamentare della Repubblica Italiana (M5S), che negli anni ’90 si occupò dell’inchiesta mafia e appalti è stato sentito dai magistrati della Procura della Repubblica di Caltanissetta – il capo dell’ufficio, Salvatore De Luca, dall’aggiunto Pasquale Pacifico e dai sostituti Davide Spina e Claudia Pasciuti. L’invito a comparire destinato a Scarpinato si inquadra nel contesto della più ampia inchiesta promossa dalla Procura nissena che vede indagato un altro componente del pool antimafia degli anni 90, Gioacchino Natoli ed accusato dei reati di favoreggiamento alla mafia e calunnia. Quest’ultimo, presentatosi davanti ai pm si è avvalso della facoltà di non rispondere.
La vicenda riguarda un filone dell’inchiesta mafia-appalti, svolta nel capoluogo siciliano agli inizi degli anni ’90; secondo alcuni il vero movente della strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino. A Natoli i Pm contestano di aver insabbiato l’indagine avviata dalla procura di Massa Carrara e confluita nel procedimento mafia-appalti per favorire esponenti mafiosi come l’imprenditore palermitano Antonino Bonura ma anche l’esponente politico Ernesto Di Fresco.
Natoli avrebbe agito in concorso con l’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, e con l’allora capitano della Guardia di Finanza Stefano Screpanti. Nell’invito a comparire Giammanco viene definito dai pm nisseni l'”istigatore”. Secondo l’accusa l’ex pm Natoli avrebbe aiutato i mafiosi Antonino Buscemi e Francesco Bonura, l’imprenditore e politico Ernesto Di Fresco e gli imprenditori Raoul Gardini, Lorenzo Panzavolta e Giovanni Bini (gli ultimi tre al vertice del Gruppo Ferruzzi) ad eludere le indagini. In particolare al magistrato viene contestato di aver svolto, nell’ambito del procedimento 3589/1991 aperto a Palermo dopo l’invio delle carte da Massa Carrara su presunte infiltrazioni mafiose nelle cave toscane, una “indagine apparente”, “richiedendo, tra l’altro, l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale (inferiore ai 40 giorni per la quasi totalità dei target) e solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione, per assicurare un sufficiente livello di efficienza delle indagini” e di aver disposto, “d’intesa con l’ufficiale della Guardia di Finanza Screpanti che provvedeva in tal senso, che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la ‘messa a disposizione’ di Di Fresco in favore di Bonura, nonché una concreta ipotesi di ‘aggiustamento’, mediante interessamento del Di Fresco stesso, del processo pendente innanzi alla Corte d’Assise di Appello di Palermo, sempre a carico di Bonura per un duplice omicidio (Chiazzese e Dominici)”.
Nel corso delle ultime settimane, oltre Scarpinato, sono stati ascoltati anche Ignazio De Francisci, Alfredo Morvillo, Salvatore Pilato e Antonio Ingroia.
L’inchiesta nissena sta scandagliando non solo le vicende che hanno portato Natoli ad essere indagato ma anche altri aspetti ancora oggi poco chiari legati al rapporto dei Carabinieri del Ros su mafia e appalti.