Muore a 26 anni nell’hotspot, i periti della Procura: “Lasciata 5 ore senza alcun accertamento medico”
Un decesso che purtroppo fa “meno rumore” rispetto ad altri ma che potrebbe aprire scenari su quella che è stata la “macchina dell’accoglienza” a Lampedusa
Totale inerzia, una condotta censurabile che se fosse stata diversa avrebbe “con elevata probabilità, scongiurato il decesso”. Sono alcuni passaggi della consulenza medica redatta dal pool di esperti nominato dalla procura di Agrigento per fare luce sulla morte di Fatoumata Bamba, ventiseienne della Costa d’Avoria spirata per una embolia polmonare il 18 febbraio dello scorso anno nell’ambulatorio dell’hotspot di Lampedusa poche ore dopo essere arrivata sull’isola con un barchino insieme al marito. Una morte che, secondo i consulenti del pubblico ministero, poteva e doveva essere evitata.
Ad un anno di distanza dai fatti l’inchiesta è tutt’altro che chiusa. Anzi. Perché se da un lato bisognerà fare luce su eventuali responsabilità mediche, su un decesso che purtroppo fa “meno rumore” rispetto ad altri simili casi, dall’altro potrebbero aprirsi scenari su quella che è stata la macchina dell’accoglienza e la gestione dell’hotspot prima dell’arrivo della Croce Rossa italiana. Almeno è quello che auspicano i legali del marito della vittima, gli avvocati Leonardo Marino e Angelo Farruggia, che hanno chiesto al sostituto procuratore Gaspare Bentivegna, titolare del fascicolo, di acquisire alcuni documenti utili alle indagini mai rilasciati dalla Prefettura di Agrigento nonostante una formale richiesta. Si tratta della copia del contratto di appalto o convenzione in forza del quale la Cooperativa Sociale Badia Grande gestiva l’hotspot di Lampedusa; le comunicazioni, note amministrative ed atti trasmessi dal Direttore responsabile del Centro alla Prefettura inerenti l’individuazione e idoneità del medico responsabile; copia di eventuali visite ispettive aventi ad oggetto la verifica delle dotazioni e del regolare svolgimento presso l’hotspot in oggetto, del servizio di assistenza sanitaria e la copia del contratto di lavoro del medico in servizio quel pomeriggio.
Le indagini, ancora in corso, almeno dal punto di vista di eventuali responsabilità sanitarie sono già arrivate ad un primo punto fermo: la consulenza redatta dallo specialista in medicina legale Alberto Alongi, dallo specialista in anatomia patologica, Emiliano Maresti, e dallo specialista in cardiologia Pietro Di Pasquale. Il calvario di Fatoumata Bamba, madre di due bimbi, comincia proprio nell’infermeria dell’hotspot dopo essere stata dimessa dall’ambulatorio di Lampedusa. La donna, stremata dal viaggio in mare, viene descritta dal medico di turno come “affaticata e con un lieve affanno”. Sono le 14 del pomeriggio del 18 febbraio 2023. Per cinque ore, si legge nella consulenza del pool incaricato dalla procura di Agrigento, il medico “nonostante fosse in presenza di un’allarmante e perdurante sintomatologia respiratoria, dovuta all’embolia polmonare in corso, si limitò ad osservare la paziente senza eseguire alcun tipo di accertamento, neppure la più essenziale rilevazione dei parametri vitali o un esame obiettivo.” La donna morì alle 20. Per i consulenti del pm “la paziente, dopo un’iniziale valutazione, andava tempestivamente inviata presso al poliambulatorio al fine di garantire l’esecuzione delle consulenze specialistiche disponibili e degli accertamenti strumentali necessari per evidenziare il problema embolico” – ma soprattutto – “si può ritenere che una condotta alternativa da parte del medico avrebbe, con elevata probabilità, scongiurato il decesso.”