Giudiziaria

Giustizia, Patronaggio: “Il divieto di pubblicazione delle ordinanze non serve”

L’ex procuratore di Agrigento, oggi procuratore generale a Cagliari, parla dell’emendamento che vieta ai giornalisti di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare

Pubblicato 12 mesi fa

“Non serve il divieto della pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare” ma “sarebbe meglio pensare a una ‘carta manifesto’ per stabilire quali parti del provvedimento potere pubblicare e quali no”. A parlare, in una intervista all’Adnkronos, è il Procuratore generale di Cagliari, Luigi Patronaggio, che in passato ha ricoperto la carica di Procuratore di Agrigento. Tra le sue inchieste quella per sequestro di persona a carico del ministro Matteo Salvini, quando era ministro dell’Interno, per lo sbarco dei migranti sulla nave Diciotti. Lo scorso 19 dicembre, con 160 sì e 70 no la Camera aveva approvato la legge che introduce il divieto di pubblicazione “integrale o per estratto” del testo dell’ordinanza di custodia cautelare. L’emendamento alla legge di delegazione europea era stato presentato da Enrico Costa di Azione. Con la maggioranza hanno votato a favore Azione e Italia Viva; contrari M5s, Avs e Pd. Il divieto è stato introdotto grazie a una modifica dell’articolo 114 del codice di procedura penale relativo alla “pubblicazione di atti e di immagini”. “Mi chiedo se la strada percorribile sia solo ed unicamente quella del divieto e quella correlata della sanzione disciplinare se non addirittura penale – dice ancora il Procuratore generale – Ritengo, infatti, che un apprezzabile risultato condiviso possa essere quello di lasciare intatto l’articolo 114 Cpp, cosi come modificato dalla legge Orlando, e procedere, con l’apporto dei diversi attori del settore, alla redazione di linee guida, o se si vuole ad “una carta manifesto”, che stabilisca quali parti della ordinanza custodiale non appare opportuno divulgare per la tutela dell’indagato e dei terzi estranei al procedimento, vuoi perché trattasi di fatti privati, vuoi perché trattasi di fatti non strettamente rilevanti e collegati al procedimento penale”.

Per Luigi Patronaggio, che a Palermo aveva coordinato numerose inchieste antimafia, la “violazione della “carta” potrebbe dare luogo quindi a sanzioni sia in sede disciplinare che civile”. “Mi rendo conto che la redazione di linee guida non è cosa agevole e occorrerebbe lo sforzo di tutti ma è sicuramente una strada preferibile a quella dell’imporre divieti e sanzioni penali, in un settore, quello della cronaca giudiziaria, già fortemente penalizzato dalla riforma Cartabia” spiega. Poi Patronaggio ricorda che “i sostenitori dell’emendamento, numerosi fra gli avvocati e l’Accademia, ritengono che pubblicare una ordinanza custodiale, da un lato, falsa il regolare corso del procedimento penale, accreditando a priori la tesi del pm, dando altresi la stura al cosiddetto processo mediatico; dall’ altro, travolgerebbe il diritto alla privacy dei terzi estranei al procedimento che troppo spesso vengono indicati impropriamente all’interno delle ordinanze”. “Coloro che osteggiano l’emendamento, fra i quali numerosi e valenti giornalisti d’inchiesta, sostenuti da un coraggioso manipolo di Pm pronti addirittura all’obiezione di coscienza, rilevano come l’emendamento mortifichi la libertà di stampa e il diritto del cittadino a conoscere i fatti aventi rilevanza politica e sociale oltre che penale”, spiega.

“Va inoltre detto che l’eventuale violazione del divieto di pubblicazione dell’ordinanza custodiale voluto dall’ emendamento Costa esporrebbe il divulgatore a sanzioni penali e disciplinari – sottolinea Luigi Patronaggio – Ora compito della politica è mediare fra opposte esigenze, ridurre le complessità e dove possibile ricondurle ad unità. Nel caso in esame poi entrambe le posizioni appaiono degne di attenzione ed entrambe rimandano a significativi beni costituzionalmente tutelati”. “In democrazia occorrerebbe cercare delle soluzioni le più ampiamente condivise in modo che varata una legge la stessa risulti giusta a tutte le parti in causa anche quando si verificassero cambiamenti di potere o di posizione”, conclude il Pg Patronaggio.

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