Dopo Luigi Pirandello c’è Ezio D’Errico: Agrigento impari a conoscerlo
Adesso è arrivato il momento che la città prenda coscienza e conoscenza di Ezio D’Errico e gli tributi quelle onoranze che in vita gli furono negate.
Agrigento, o almeno una parte più avvertita della nostra città, ha scoperto da tempo la figura letteraria di Ezio D’Errico. Grandangolo ne ha riportato la cronaca, oltre dieci anni fa, di un convegno su D’Errico, organizzato dall’Associazione Labirinti di Lia Rocco e Alfonso Gueli che tra l’altro firmò un aureo libretto dedicato a D’Errico, scrittore che secondo i saggisti più accreditati è considerato lo scrittore che segue a ruota il nostro Luigi Pirandello.
Circa due anni fa riferimmo la cronaca di un altro convegno della Fondazione Pirandello, direttore artistico Gaetano Aronica che insieme allo scrittore e saggista Beniamino Biondi annunciarono la ristampa di “Qualcuno ha bussato alla porta”, un “giallo” tra i più famosi di D’Errico. Oggi, finalmente, grazie al lavoro di ricerca d’archivio di Beniamino Biondi e ai numerosi materiali ritrovati, e con l’impegno di un editore illuminato, Lucio Falcone, a cui si deve negli anni passati la pubblicazione delle opere complete di un altro grande drammaturgo siciliano, Beniamino Joppolo, finalmente Ezio D’Errico recupera lo spazio che gli appartiene con l’autorevolezza di una figura letteraria di primo piano che torna nelle librerie con il suo più famoso romanzo giallo – protagonista l’ispettore Richard, sorta di atipico Maigret italiano – e con la previsione delle successive opere, utili a riconfigurare il panorama critico sullo scrittore recuperando il suo nome dall’oblio, dopo l’assurda rimozione che il tempo gli ha riservato. Beniamino Biondi ha tenuto molte conferenze su di lui, preparando un volume di saggi sulla sua opera, e anche di recente ha annunciato questa pubblicazione che vede la luce e che rappresenta, per la cultura di Agrigento, un momento di straordinaria ricchezza che pone la città, con Pirandello, ai vertici del rinnovamento teatrale italiano.
Dopo la successiva pubblicazione del teatro completo, il preciso obiettivo è potere portare Ezio D’Errico sul palcoscenico con una sua commedia (mai rappresentata in Italia) in prima nazionale.
“Incontri e interlocuzioni – ci dice Biondi– sono in corso, richiamando la mia chiara paternità per tutta l’operazione che riguarda il lavoro sulle opere, certo che la città che gli ha dato i natali non mancherà a tutto quel che deve per tributargli la giusta memoria”.
Ma chi era Ezio D’Errico che Agrigento stenta a riconoscere? Il 21 aprile del 1972 fa moriva Ezio d’Errico, scrittore, pittore e drammaturgo, nato ad Agrigento nel 1892. Moriva nel più colpevole isolamento, circondato dai suoi quadri e con accanto solo la moglie. Autore di gialli pubblicati con Mondadori, di opere teatrali tradotte e rappresentate anche all’estero, tra i primi pittori astrattisti in Italia, d’Errico, una sorta di genio rinascimentale, è ancora un universo da esplorare.
Le sue vicende biografiche, suggerisce Biondi, sembrano avvolte da un alone di mistero. Lasciata presto la Sicilia si trasferisce a Parigi, dove tenta l’avventura di pittore e dove conosce artisti di rilievo. Poi, ritorna in Italia, a Torino, per insegnare disegno. Ma oltre alla bohème parigina, l’artista agrigentino dirige riviste di forte presa sul pubblico, come “Crimen” e dal 1936 in poi compone i primi racconti kafkiani e una ventina di romanzi gialli, negli stessi anni in cui dava alle stampe i suoi polizieschi.. Così, con d’ Errico, fa irruzione nel giallo italiano l’inquietudine, che mette in crisi la scienza della deduzione e il culto della logica; a dominare invece è l’intuizione, l’empatia psicologica del detective con le vittime e i sospettati. D’ Errico per i suoi polizieschi si ispira chiaramente al creatore di Maigret, tanto da guadagnarsi il soprannome di “Simenon italiano”: infatti, il personaggio da lui creato, l’ispettore Richard, conduce tutte le sue indagini in una Parigi fredda sì, ma sanguigna e popolare.
D’ Errico, che è meno conosciuto come giallista, è anche commediografo di successo, rappresentato in tutta la penisola; nel 1953 sarà Giorgio Strehler a mettere in scena la sua commedia intitolata “La sei giorni”. E mentre va pubblicando gialli come “Qualcuno ha bussato alla porta”, “La famiglia Morel”, D’Errico scrive straordinarie raccolte di novelle, come “Parabole”, “Da liberati”, “Noi due disarmati”. Sono tra le cose migliori che vedono la luce alla fine degli anni Trenta, attraversate come sono da un elegantissimo surrealismo grottesco e da un’ irrefrenabile ansia metafisica. Da questo ricchissimo humus narrativo nasce il D’ Errico drammaturgo, quello che a 64 anni suonati rinnega tutta la sua produzione teatrale precedente, i drammi borghesi che tanto piacevano al pubblico, per tentare, sotto l’influsso di Beckett, di Camus e di Jonesco, la via della sperimentazione, del vero teatro d’ avanguardia. È questo il vero D’ Errico di statura europea, l’autore dei dieci testi raccolti sotto il titolo “Teatro dell’assurdo”. Ma proprio quando D’Errico si cimenta in qualcosa di veramente nuovo, sconcertante, i teatri italiani gli chiudono le porte. Il successo però gli arride all’estero (in Germania, in Austria, in Svizzera, in Francia, a Buenos Aires) dove dal critico Martin Esslin viene accostato ai grandi del tempo: Beckett, Jonesco, Genet, Arrabal, Tardien, Vian e Buzzati.
Adesso è arrivato il momento che la città prenda coscienza e conoscenza di Ezio D’Errico e gli tributi quelle onoranze che in vita gli furono negate.