Le strane visite nel carcere di Tolmezzo e l’invocazione rivolta a “San Matteo” (Messina Denaro)
Le strane attività di Antonello Nicosia, ex assistente parlamentare già condannato a 10 anni di carcere e ricondanna a 15 anni per mafia
Molti riferimenti e molte notizie investigative, anche con riferimento alla borghesia mafiosa, che riguardano le attuali indagini volte a chiarire e spiegare definitivamente la trentennale latitanza di Matteo Messina Denaro sono contenute agli atti del processo “Passepartout” che ha avuto per principale protagonista Antonello Nicosia, di Sciacca, attivista radicale e assistente parlamentare per un breve periodo, dell’ex onorevole Giuseppina Occhionero, finito in carcere e già condannato per mafia e molto altro, ritenuto vicino alla famiglia mafiosa dell’ex primula rossa di Castelvetrano.
La sua figura è stata tratteggiata nei loro provvedimenti dai giudici che hanno dato origine al processo “Passepartout” individuando passaggi oggi inquietanti e fondamentali per capire come si stava muovendo il cerchio magico di favoreggiatori in sostegno di Messina Denaro ed anche di Filippo Guttadauro che seppur recluso nel carcere di massima sicurezza di Tolmezzo ha ricevuto, incredibilmente, la visita di Nicosia.
Ecco cosa hanno scritto i giudici nel novembre del 2019, argomenti oggi tornati prepotentemente di attualità, dopo la cattura di Messina Denaro: “E’ emerso che il Nicosia ha utilizzato la militanza nel Movimento dei Radicali italiani, gli incarichi politici/didattici ottenuti nonché, da ultimo, il rapporto di collaborazione con un deputato della Repubblica, verosimilmente da lui instaurato proprio a tale specifico fine, per avere una sicura chiave d’accesso agli istituti penitenziari (accesso avvenuto in almeno cinque occasioni) ovvero per avviare iniziative politiche sempre più incisive sul fronte della tutela dei diritti dei detenuti. Tuttavia, come già più volte ricordato, lo scopo di tale impegno è risultato essere diverso da quello, di per se’ certamente lecito, dal Nicosia diffuso e proclamato anche tramite internet e trasmissioni televisive.
Le intercettazioni hanno infatti registrato con una chiarezza lampante che Nicosia sì è adoperato insistentemente al fine di monitorare lo stato d’animo dei singoli mafiosi detenuti per dissuaderne eventuali iniziative collaborative; per favorire trasferimenti di detenuti mafiosi; per veicolare informazioni fra i detenuti e l’esterno; per incontrare associati mafiosi in modo assolutamente riservato e senza la vigilanza delle guardie penitenziarie al fine di ottenere e fornire dette informazioni; per speculare illecitamente sulle cooperative operanti all’interno delle strutture carcerarie progettando di estorcere loro del denaro in cambio di relazioni ispettive a loro favorevoli; per conoscere mappatura, allocazione delle celle, luoghi ove si svolgono i colloqui e la socialità dei detenuti nelle singole strutture carcerarie e ciò ancora al fine poi di veicolare dette informazioni logistiche ai sodali di Cosa nostra.
Infine, ma non per ultimo, il Nicosia si è speso attivamente per contribuire a uno dei progetti più ambiziosi di Cosa nostra, ovverosia quello relativo alla modulazione del regime carcerario, in particolare la rivisitazione del cosiddetto “carcere duro” e ciò, in modo palese ed evidente, non per il perseguimento di una legittima (seppur discutibile) scelta di politica criminale bensì per favorire, in ultima istanza, la stessa associazione mafiosa.
Peraltro, come emerso dalle conversazioni intercettate, il Nicosia il l febbraio 2019 si era recato insieme all’onorevole Giuseppina Occhionero nella casa circondariale di Tolmezzo, ove si trovava (e si trova tuttora) Filippo Guttadauro, per fargli visita, per rassicurarlo del proprio impegno relativo alla sua “causa” e, a tale scopo, proponendosi anche di presentare una interrogazione parlamentare per il tramite dell’onorevole.
Ed effettivamente, come accertato dalla polizia giudiziaria, nella seduta della Camera dei Deputati del 7 marzo 2019, l’onorevole Occhionero ha presentato un’interrogazione parlamentare nella quale ha esposto la criticità strutturale del carcere di Tolmezzo in cui i locali destinati all’esecuzione della misura di sicurezza della “casa lavoro” erano sostanzialmente coincidenti con quelli relative all’esecuzione delle pene detentive, nonostante fossero evidentemente destinati a finalità ben diverse.
Inoltre la Occhionero, nel corso della stessa interrogazione, faceva riferimento alla specifica situazione in cui versavano i soggetti internati nella “casa lavoro” e pure sottoposti al regime di cui all’art. 41 bis o.p. (situazione in cui giustappunto versava e versa tuttora proprio Filippo Guttadauro) Peraltro, che le sorti della famiglia Messina Denaro stessero a cuore al Nicosia emergeva anche da altre conversazioni intercettate, conversazioni dalle quali poteva agevolmente comprendersi che l’empatia che legava lo stesso Nicosia a quella famiglia non era solo quella relativa alle condizioni detentive dei suoi numerosi componenti (a tutt’oggi detenuti nelle carceri italiane) ma riguardava, anche e soprattutto, il più importante rappresentante che, in realtà, in una struttura carceraria mai aveva fatto ingresso.
Il 25 marzo 2019 la “ambientale” sull’autovettura noleggiata dal Nicosia registrava la voce di quest’ultimo, che inviava un messaggio vocale, con destinatario forse ancora una volta l’onorevole Occhionero, in cui invocava “San Matteo”, riferendosi all’evidenza al latitante Matteo Messina Denaro.
Nicosia, tra i tanti rapporti tessuti, ne avrebbe avuto uno in particolare con Accursio Dimino, 63 anni, ritenuto il nuovo capo della famiglia mafiosa di Sciacca dopo la condanna a 17 anni di reclusione dello storico capo Salvatore Di Gangi nell’inchiesta Montagna.
Dimino è tornato in libertà dopo aver scontato una condanna a 9 anni e 4 mesi per mafia inflittagli nel 2008 a seguito dell’operazione “Scacco matto”. Poi, silenziosamente, era tornato in auge aspettando evidentemente il suo momento.
Gli inquirenti lo collocano molto ma molto vicino alla (oggi ex) primula di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro con cui già nel 1996 avviò una fitta rete di pizzini.
La riunione a Porto Empedocle per l’amico di Castelvetrano.
Una riunione organizzata in fretta e furia nel febbraio 2019 a Porto Empedocle tra soggetti di notevole spessore criminale risulta essere uno straordinario elemento investigativo che emerge dall’inchiesta Passepartout, che si inquadra nel più ampio contesto della caccia a Matteo Messina Denaro, in quel tempo latitante ormai da trenta anni. Una parte dei suoi interessi sarebbe passata in tempi recentissimi da Porto Empedocle. E’ il 14 febbraio 2019 e i carabinieri del Ros riescono ad immortalare e captare un incontro avvenuto a Porto Empedocle tra Giuseppe “Rocky” Fontana e Fabrizio Messina, fratello dell’ex capo provinciale di Cosa nostra, Gerlandino. Insieme a loro c’è anche l’assistente parlamentare Antonello Nicosia, figura chiave dell’inchiesta “Passepartout”. Giuseppe Rocky Fontana, uscito dal carcere dopo quasi vent’anni nel 2013, è considerato l’armiere della famiglia mafiosa di Castelvetrano nonché intimo amico fin da bambino di Matteo Messina Denaro. L’oggetto della conversazione sembrerebbe essere la difficile riscossione di una estorsione dovuta alla famiglia di Castelvetrano ragione per cui Fontana si reca a Porto Empedocle per chiedere conto e ragione a Messina anche perché una parte di quel denaro deve essere consegnata ad un mafioso di Castelvetrano più volte evocato ma mai pronunciato.
Per gli inquirenti non c’è dubbio che il mafioso in questione sia Matteo Messina Denaro. Convinzione questa rafforzata dalla modalità e l’urgenza dell’incontro tale da far violare addirittura gli obblighi della sorveglianza speciale a Fabrizio Messina a cui era ed è sottoposto.
Fontana: “Ma ancora niente hanno fatto lì”
Messina: “Non vuole pagare”
Fontana: “Niente.. ma come minchia è”
Messina: “Proprio questo gli ho detto io e lui mi ha detto .. no, per adesso mi dispiace, ma non ti preoccupare dice… che ora. . mi impegno io .. dice… spero a maggio di essere pronto.. siccome lavora”.
In seguito Fabrizio Messina si preoccupava di domandare se di questo fatto fosse stato avvisato quello che per gli inquirenti è senza dubbio Messina Denaro.
Messina: “Ma l’amico vostro a Castelvetrano è? A iddu non gli si deve dire? A lui si deve dare il giusto ..”
Nicosia: “Gli si deve dare quello che .. il giusto ..”