Giudiziaria

“Nessun danno erariale”, Cassazione annulla condanna ad ex giudice

E così l'ex giudice non dovrà pagare il danno erariale per 90 mila euro a cui era stato condannato

Pubblicato 2 anni fa

Il mero ritardo nel deposito di sentenze non può comportare la responsabilità del magistrato per danno erariale, ma solo un’eventuale responsabilità disciplinare. E così l’ex giudice non dovrà pagare il danno erariale per 90 mila euro a cui era stato condannato. A deciderlo sono state le Sezioni unite civili della Cassazione, presiedute da Biagio Virgilio, che con una recente ordinanza hanno giudicato il ricorso del docente universitario Giuseppe Mineo, ex componente laico del Consiglio di giustizia amministrativa (Cga), in Sicilia organo d’appello del Tar.

Mineo era difeso dagli avvocati Alessandro Dagnino, Antonino Mancuso e Patrizia Stallone. Il ricorso è stato presentato contro una sentenza della Sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei conti siciliana. Mineo non dovrà versare nessuna somma per danno erariale. Stando alla decisione del secondo grado, infatti, l’ex giudice del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana avrebbe dovuto versare 90 mila euro all’Erario.

Con la decisione della Suprema Corte è ribaltata anche la sentenza primo grado in cui Mineo era stato condannato a 315 mila euro di risarcimento. Nelle 34 pagine di motivazione le Sezioni unite esaminano tutti gli aspetti della responsabilità dei magistrati sottolineando come essa abbia tratti peculiari che nascono dalla necessità di tutelarne l’indipendenza sancita dall’articolo 108 della Costituzione. Nell’ordinanza gli ermellini hanno accolto le tesi della difesa secondo cui la giurisdizione della Corte dei conti per il disservizio causato all’amministrazione della Giustizia da comportamenti del giudice si manifesta nel caso in cui il magistrato abbia commesso un reato e in altre ipotesi specificamente previste, ad esempio nel caso di condanna dello Stato italiano per irragionevole durata dei processi, ai sensi della cosiddetta legge Pinto.

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