“In una notte”, un clochard al Teatro della Posta vecchia
Un finale a sorpresa, che fa riflettere su taluni aspetti della nostra società
Non volevamo sbagliarci, leggendo le note di regia, nel suggerire qualche giorno fa al lettore di Grandangolo che si trattava di un appuntamento culturale da non perdere.
E così è stato l’altra sera al teatro della Posta Vecchia vedere in scena Mario Sorbello nei panni cenciosi del clochard Luigi, one man show, in una interpretazione pressocchè memorabile del testo scritto dall’autore romano Mario Alessandro Paolelli “In una notte”.
Rappresentato in altri teatri con il titolo “La cura del ponte”, Sorbello, che oltre alla interpretazione ne ha curato la regia, ha preferito re-intitolarlo “In una notte” con un più appropriato riferimento alla “notte stellata, notte fortunata” che lui ubriaco e febbricitante riesce a biascicare entrando in scena. Fin quando si accorge che accanto al suo misero giaciglio un giovane ansima e si lamenta. Per prima cosa gli ruba l’orologio che tiene al polso e poi lo rianima a modo suo con un caffè che ambedue definiranno uno schifo.
Tra allusioni feroci alle loro vite e accuse reciproche di appartenere a classi sociali diverse alla fine i due solidarizzano ed è qui che esplode tutta la forza di una terapia teatrale che diventa metafora e umanissima pedagogia salvifica sia per i due interpreti che per lo stesso spettatore che alla fine tributa loro applausi scroscianti e prolungati.
Mario Sorbello è molto noto agli spettatori agrigentini che frequentano il Teatro Costa Bianca e il teatro estivo del Caos del “Pirandello stable festival” dove l’interpretazione di Chiarcaro nel pirandelliano “La Patente” è stata uno dei suoi ultimi successi. Sorbello è un attore che ama rischiare la sua professionalità in opere come “Le sedie” di Ionesco portato l’anno scorso al Teatro della Posta Vecchia denotando scelte difficili nel teatro dell’assurdo di Ionesco e anche in questa interpretazione del clochard Luigi ci sono folate bechettiane, solitudini personali, alienazione e depressione che qui però diventano salvifiche e, come dicevamo, assolvono ad una terapia teatrale che farà bene allo sperduto giovane incontrato per caso con padre avvocato e distante familiarmente e con una madre che, bene che vada, “si fa scopare dal portiere”.
E anche Luigi rivelerà, in un serrato “outing” reciproco, di essere stato primario cardiochirurgo e di avere “ucciso” suo figlio drogato. Cadono quindi i veli sui due protagonisti e si rivelano due esistenza accomunate da tanti aspetti e che risultano vittime e carnefici in una società spietata, disumana e fagocitante.
Si svelano due esistenze già segnate dalla vita, dagli errori propri e degli altri, da una società caratterizzata dall’arrivismo, dai soldi, dal consumismo, dalla noia, dalla tossicodipendenza. Un finale a sorpresa, che fa riflettere su taluni aspetti della nostra società, quali i rapporti troppo spesso leggeri con i propri figli, il dramma della tossicodipendenza, il consumismo e l’arrivismo, il mondo surreale e poetico dei clochard. Mario Sorbello è in scena (anche oggi) insieme al giovane Francesco Miceli mentre Tonino Bruccoleri ha curato puntualmente luci e interventi sonori. Prossimo appuntamento il 25 novembre con Marco Floris e The Great music band in un concerto rock-pop rock