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Licata: splendore della festa, miseria delle fiamme

di Gaetano Cellura

Pubblicato 2 anni fa

Licata brucia nel bel mezzo della festa di Sant’Angelo. L’ennesimo rogo di un’estate già rovente di suo per le alte temperature. Ci consola il fatto che non siamo i soli a subire queste manifestazioni che definire d’inciviltà è poco? Nient’affatto.

Il territorio brucia ovunque e i danni all’ambiente non si contano. Bruciano i rifiuti nelle strade. Brucia l’immondizia di cui ridondano le città. Brucia Licata. Brucia il mondo. L’Ucraina è in fiamme da sei mesi e chissà per quanto tempo ancora lo sarà in una guerra che conosce solo recrudescenze e rovine senza fine. E ci siamo bendati gli occhi per non vedere. Non vedere l’inciviltà che si è fatta barbarie. E così continuare a vivere come se niente fosse. Mi chiederete: tutto questo discorso per l’incendio del canneto che costeggia il fiume Salso o per i roghi della spazzatura?

Ci sono i vigili del fuoco e i volontari della protezione civile in fondo. E i loro interventi sono stati sempre puntuali e provvidenziali. Ci salvano dal peggio. Limitano le conseguenze. Anche ieri sera in via Salso è stato così. No, non per questo. Non da questo prende spunto il nostro il discorso. Ma dall’inciviltà che si è fatta barbarie. E quando la barbarie prende il sopravvento, diventa la veste più vera di un contesto sociale, di una città, di un paese che vede ogni anno andare in fumo ettari di macchia mediterranea; quando di volta in volta la barbarie ricompare, con la guerra, nella storia; quando questo avviene, dovremmo sentire il dovere di ritrovare la vista e la Ratio. Avere occhi non più bendati e finalmente ragionare. Quello che non vogliamo fare.

Il nostro territorio è abbandonato al proprio destino. Se con tanta facilità e con tanta certezza di farla franca si lascia la spazzatura nelle strade, vi si dà fuoco, si decide di dar le fiamme al canneto del fiume durante la festa, per offrire ai forestieri che non sono ancora andati via lo spettacolo della nostra miseria, e proprio nel giorno dello splendore della ricorrenza religiosa, è perché si ha ormai la consapevolezza diffusa dell’inesistenza delle istituzioni e di ogni sia pur minimo controllo del territorio.

Ci può essere dietro questi episodi – non lo nego – disagio e ribellione antisistema. Ribellione assurda. Anche perché (per restare al caso nostro) contro quale sistema ci si ribella a Licata se quel che noi intendiamo per sistema non esiste da tempo?

L’Amministrazione e la politica non hanno l’autorevolezza per farsi sentire. Ogni summit per l’ordine pubblico si è rivelato una perdita di tempo. E poi farsi sentire da chi? Da uno Stato e da governi che hanno tagliato tutto, sguarnito gli organici delle forze dell’ordine? La barbarie è così padrona del nostro territorio che è ormai difficile porvi rimedio. E noi stessi non siamo così sicuri di voler rinunciare alle bende o alle maschere. Perché preferiamo non vedere quanto ci sia estranea la nuova realtà. Quella del fuoco vicino e lontano.

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